Eva Mikula a “Belve Crime”: “Non ho denunciato per paura"

“Belve Crime”, Eva Mikula e la Uno bianca: “I familiari delle vittime si scusino con me”

Germana Bevilacqua

“Belve Crime”, Eva Mikula e la Uno bianca: “I familiari delle vittime si scusino con me”

| 11/06/2025
“Belve Crime”, Eva Mikula e la Uno bianca: “I familiari delle vittime si scusino con me”

9' DI LETTURA

Eva Mikula è stata tra i protagonisti della puntata di martedì 10 giugno di “Belve Crime” condotta da Francesca Fagnani. L’ex modella per due anni fu la compagna di Fabio Savi, uno dei tre fratelli che facevano parte della banda della Uno bianca. Tra il 1987 e il 1994 commisero 24 omicidi e ferirono altre 114 persone. “Che rapporto ha con la verità?”, chiede la conduttrice alla sua ospite. “Ottimo, la verità è la mia forza, lo è sempre stata”. La relazione tra Eva Mikula e Fabio Savi durò dal 1992 al 1994, quando l’uomo fu arrestato in un autogrill del tratto autostradale Udine-Tarvisio, a 27 km dal confine con l’Austria. Tre giorni prima del suo fermo era finito in manette anche il fratello, Roberto Savi, all’epoca assistente capo di polizia. La donna quel giorno era in sua compagnia e in seguito fu imputata in 7 processi e assolta, ritenuta poi “consapevole ma non complice”. “E’ una definizione che le piace?”, chiede Francesca Fagnani.

“Direi di sì”. Al termine di tutti i procedimenti, come spiega la conduttrice, Eva Mikula fu comunque condannata a 14 mesi di reclusione con sospensione della pena per l’uso di documenti falsi, importazione di un kalashnikov e sottrazione di 40 milioni di lire al compagno Fabio Savi.
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Eva Mikula e Francesca Fagnani (Foto video)

Eva Mikula a “Belve Crime”: “Mi considero una vittima sopravvissuta”

Francesca Fagnani ricostruisce la vicenda e spiega come la testimonianza della donna, oggi 49enne, fu importante per la risoluzione delle indagini. La sua collaborazione permise non solo l’arresto di tutti i componenti della banda, ma anche la ricostruzione dei colpi criminali effettuati dal 1987 al 1994 tra l’Emilia-Romagna e le Marche. La banda della Uno bianca era composta dai tre fratelli Savi: Roberto, agente in servizio alla Mobile di Bologna; Fabio, meccanico ed ex poliziotto, e Alberto, il più giovane. Al loro fianco, altri membri delle forze dell’ordine: Marino Occhipinti, Pietro Gugliotta e Luca Vallicelli. “Al momento della cattura – racconta l’ex modella – gli inquirenti avevano ricostruito appena il 7% delle attività della banda. Non sapevano nemmeno quali atti criminosi avevano compiuto, perché si pensava fosse opera di diverse bande”. Attorno alla donna, nonostante il suo contributo, c’è sempre stata una sorta di scetticismo.

“Questo non mi tocca – spiega Eva Mikula – perché io so chi sono, so quello che ho fatto e non ho fatto e so che le persone non sono state informate a dovere sulla mia persona”. “Se le notizie di stampa mi descrivono complice, è normale che la gente pensi io che io fossi più complice che vittima. Io mi considero una vittima sopravvissuta”, continua.

“Ho subito abusi da mio fratello dall’età di 10 anni per 4 anni, poi sono scappata”

La donna di origini rumene nasce nel 1975 in una cittadina al confine con l’Ungheria e ancora minorenne scappa di casa, raggiungendo l’Ungheria dove nel 1992 incontra Fabio Savi, all’epoca camionista e carrozziere. Con lui Eva Mikula raggiunge l’Italia per iniziare la convivenza nonostante i 15 anni di differenza. “Lei viene da una famiglia umile – sottolinea la conduttrice – e dall’età di 10 anni, come lei stessa scrive nel suo libro, ha subito gli abusi di suo fratello 17enne”. “Vengo da una famiglia di contadini, la mia infanzia è stata purtroppo segnata da quest’esperienza che ho vissuto per 4 anni – conferma l’ex modella – Ho iniziato a capire che si trattava di abusi quando mio padre a 14 anni mi disse: ‘A 18 anni ti devi sposare vergine, ti troverai un marito, altrimenti te lo trovo io’. Era un padre padrone. Alla parola vergine ho realizzato quello che mi stava facendo mio fratello”.

“Quando ho capito che stavo subendo abusi da mio fratello – continua – non potevo parlarne con nessuno, dal momento che mio padre era violento, mi picchiava spesso, anche a mia mamma. Arrivava a casa ubriaco e menava a tutti. Per questo sono scappata di casa a 15 anni”.

Eva Mikula e Francesca Fagnani (Foto video)

“Per vivere facevo le pulizie e la cameriera, non è vero che mi prostituivo”

Arrivata a Budapest a 15 anni, Eva Mikula si dà da fare come può. “Pulivo i bagni, facevo la donna delle pulizie nei ristoranti – racconta – Dopo qualche mese ero diventata cameriera ma ero minorenne e facevo fatica a trovare lavoro”. L’incontro con Fabio Savi avviene quando la donna ha appena 16 anni. Lui era lì in vacanza con un amico. Fabio Savi raccontò in seguito che Eva Mikula ai tempi si prostituiva e che quella prima notte la pagò 200 mila lire. “Non è vero nulla – nega la donna –, ma puntualizziamo che dopo 30 anni a me non cambierebbe nulla raccontare che in quel momento di bisogno per sopravvivere avessi deciso di prostituirmi. Ma non è così”. All’epoca del loro primo incontro Fabio Savi aveva 32 anni, il doppio di Eva Mikula. “Cosa le piaceva di quell’uomo?”, chiede Francesca Fagnani. “Tutto ciò che era nuovo era attraente – spiega -. Mi ha attratto ciò che mi mancava. All’epoca credevo fosse amore, oggi lo traduco in una mancanza di una figura paterna”.

Fabio Savi lascia la moglie e il figlio, Eva Mikula arriva in Italia e va a vivere insieme a lui. I due abitavano a Torriana, in provincia di Rimini. “Ho scelto di seguirlo sia perché era una persona che mi affascinava, sia per cambiare la mia condizione – ammette -. Era una persona all’apparenza tranquilla, per bene, con fratelli poliziotti, per me era una rassicurazione”.

Eva Mikula e Francesca Fagnani (Foto video)

“Venivo da una vita in cui non avevo nemmeno da mangiare, ci voleva poco a rendere la vita bella”

“Come le ha giustificato Fabio Savi di avere una casa piena di armi?”, chiede Francesca Fagnani. “Lui mi disse che aveva il porto d’armi, che aveva la passione, e che in Italia era normale”, ribatte. Ricostruendo quei 33 mesi di convivenza con Fabio Savi, l’ex modella dice: “Era Dottor Jekyll e Mister Hyde, a modo suo mi ha amato, sennò non mi avrebbe detto quello che sapevo. Per lui io ero un trofeo, la bella ragazza da mostrare. Mentre lui per me era la persona che mi aveva dato una possibilità in più. Venivo da una vita in cui non avevo nemmeno da mangiare, ci voleva poco a rendere la vita bella”. “È stato lui a raccontarmi a piccoli pezzi quella che era l’attiva della banda – svela – Delle rapine, a piccoli pezzi. La prima cosa che ho fatto è stata quella di chiamare un giornalista ungherese e gli ho detto di tirarmi fuori da quella situazione perché rischiavo la vita”. “Perché è rimasta con lui nonostante tutto?”, incalza la conduttrice. “Sono scappata due volte, ma poi tornavo indietro perché avevo paura – si giustifica Eva Mikula – Secondo lei, un criminale di questo peso, quando una persona confessa i suoi crimini, la lascia andare? Rappresenterà sempre un pericolo. Non ci sono altri testimoni in vita, era meglio tornare nella tana del lupo”.

“Quando sono tornata a costo della mia vita ho fatto in modo che lui si fidasse di me, e lui mi raccontava tutto – continua – Lui non era ingenuo, ma era innamorato di me. Ho recitato anche io e fingevo per arrivare al punto di poter avere più informazioni possibili, per poterlo fare identificare”.

Eva Mikula a “Belve Crime”: “Fabio Savi mi puntava la pistola, diceva che mi avrebbe uccisa”

Eva Mikula amava Fabio Savi. “Denunciarlo è stato davvero drammatico – ammette – avevo 19 anni e dipendevo da lui in tutto. Ho amato la parte buona di lui, quel Fabio che ho incontrato in Ungheria, non l’uomo che poi avevo dentro casa”. “Lui era un uomo che la sera ti menava – svela – e la mattina ti portava un fiore. Mi puntava la pistola, diceva che mi avrebbe uccisa e gettata in un burrone perché in Italia nessuno sapeva di me”. “Perché ha deciso di parlare solo dopo l’arresto e non prima?”, chiede la giornalista.

“Qualsiasi cosa mi avesse chiesto, l’avrei fatta, avevo paura – ribatte Eva Mikula – Lui mi diceva che erano in tanti, una vasta rete e che ovunque sarei andata mi avrebbe trovata”. La donna ha consegnato poi agli inquirenti le chiavi della cassaforte dove era custodito parte del bottino delle rapine. Eva Mikula ha dovuto difendersi da chi l’ha sempre definita “complice della banda” e da chi sostiene che avrebbe potuto denunciare prima. “Parte di quei soldi glielo ho sottratti – ammette parlando del bottino delle rapine – e li ho consegnati a un’amica comune, per poter poi fuggire”.

Eva Mikula e Francesca Fagnani (Foto video)

Fabio Savi: “Ti piacevano i bei vestiti, i gioielli, i bei ristoranti e quei maledetti soldi”

Nel 2021, dal carcere di Bollate, Fabio Savi scrisse una lettera a “Il Resto del Carlino” e rivolgendosi alla ex compagna disse: “Ti piacevano i bei vestiti, i gioielli, i migliori profumi, i bei ristoranti e quei maledetti soldi che portavo a casa. Sono piuttosto stanco di essere un mezzo di notorietà e guadagno. E la protezione dovrei chiederla io da te e non tu da me”. “Sono stata descritta per tanti anni come complice, potevo stare zitta, invece ho parlato. – ribadisce la donna –. Non vedo opportunismo nella mia scelta, mi sarei evitata tante cose. Ho salvato delle vite. Chiunque può dire quello che vuole su di me, ma nel mio cuore so la verità”. Francesca Fagnani ricostruisce la cattura della banda. L’indagine era stata condotta da due poliziotti di provincia, Luciano Baglioni e Pietro Costanza, che avevano individuato l’identità dei killer dopo mesi di lavoro minuzioso.

Eva Mikula e Francesca Fagnani (Foto video)

L’arresto di Fabio Savi in un autogrill: “Era ormai traballante, si sentiva solo”

Un appostamento a Santa Giustina, nei pressi di Rimini, fu la chiave. Lì venne individuata un’auto sospetta, una Fiat Punto bianca con la targa illeggibile, guidata da Fabio Savi. Da quel momento, fu questione di giorni e il primo ad essere catturato fu Roberto Savi. A quel punto Fabio Savi organizzò la fuga, chiese a Eva Mikula di colorarsi i capelli di nero e si diresse verso l’Austria in auto. Il 24 novembre 1994, la polizia arrestò Fabio Savi in un autogrill sull’autostrada proprio al confine con l’Austria. “Una macchina della polizia stradale si è avvicinata a voi mentre litigavate, e Fabio Savi era armato, ma in quell’occasione non ha sparato – ricostruisce la giornalista -. Perché in quell’occasione non ha sparato?”. “Era ormai traballante – spiega Eva Mikula – perché il fratello era stato fermato, si sentiva solo, anche perché io non l’avrei seguito”.
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Eva Mikula (Foto video)

“Per 30 anni sentirmi dire ‘vergognati’ è stata istigazione al suicidio”

“L’ultima cosa che mi ha detto? ‘L’ho fatto per te’”, svela Eva Mikula. Nel 2015 la donna scrive all’associazione dei familiari delle vittime della Uno bianca chiedendo di essere ammessa. Nella lettera che all’epoca scrisse all’associazione per chiederne l’ingresso disse: “Ho lottato da sola, contro tutti, avevo solo Dio, i miei 19 anni e la coscienza pulita come guida verso una giustizia che poi è arrivata”. La richiesta non è stata accolta e al termine dell’intervista Eva Mikula dice: “Io attendo delle scuse dai familiari delle vittime. Non adesso, ma quando la verità sull‘individuazione della banda sarà ufficiale. Mi hanno insultata per una vita. Io potevo arrivare al punto di non esserci più. Per 30 anni sentirmi dire ‘vergognati’ è stata istigazione al suicidio. E questo ha inciso molto sulla mia vita”.

Pubblicato il 11/06/2025 11:30

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