Giovanni Rinaudo ha 48 anni, è separato, ha un figlio ed è quello che oggi viene definito un “lavoratore povero”. Una categoria a cui appartiene chi, nonostante un contratto a tempo indeterminato, fatica ad arrivare a fine mese. In Italia, si sa, gli stipendi sono bloccati da 20 anni. Una situazione insostenibile per tante famiglie messe in ginocchio dall’inflazione, come sottolineato dallo stesso presidente della Repubblica. “Tante famiglie non reggono l’aumento del costo della vita. I salari insufficienti sono una grande questione per l’Italia”, ha dichiarato Sergio Mattarella. Giovanni Rinaudo lavora da più di 20 anni come metalmeccanico a Torino e la sua paura più grande è quella di finire in cassa integrazione o addirittura per strada. La sua azienda, la Denso Thermal Systems, che produce sistemi di condizionamento per auto, ha registrato un calo drastico dei volumi di vendita, oltre il 35%, a causa del crollo di commesse Stellantis.
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“Tornerei in Sicilia, la terra che ho lasciato con la promessa di un futuro migliore”
A raccogliere la testimonianza di uno dei tanti lavoratori poveri del Belpaese è il “Corriere della Sera”. “Oggi guadagno circa 1.200 euro al mese, ma tra affitto, mutuo e mantenimento del bambino se ne vanno 750 – racconta – Ne rimangono 450 per le bollette, fare la spesa e i costi quotidiani. A volte arrivo a malapena a metà mese. Non mi rivolgo agli amici per orgoglio, ma l’ultima volta ho chiesto aiuto a mio padre. Ha 85 anni e vive la sua pensione in Sicilia. La terra che ho lasciato con la promessa di un futuro migliore. In verità ci tornerei pure, ma voglio stare vicino a mio figlio che ha solo 11 anni. Cerco di non fargli mancare nulla”. “Mi manca fare un weekend in montagna con mio figlio – confida il metalmeccanico – Mi manca la tranquillità, la sicurezza. Ogni imprevisto può mettermi sul lastrico. Oggi mi sento un uomo senza dignità. Eppure lavoro da quando ho 15 anni. La mia sfortuna è quella di essere un metalmeccanico, a Torino, nel 2025. Per arrivare a fine mese, ammette, è costretto a “contare le monete”. Eppure, secondo le statistiche Istat, fa parte della cerchia di italiani che se la passano bene in quanto occupati.
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Giovanni, lavoratore povero: “Ho paura che l’auto diventi il mio rifugio per la notte”
Giovanni Ribaudo non può permettersi di restare senza lavoro, anche perché alla sua età trovare una nuova occupazione, anche a costo di reinventarsi, non è cosa facile. “Non posso lasciare il posto, finirei in una di quelle agenzie che offrono soltanto contratti precari – dice – Sarebbe ancora peggio. L’azienda ha proposto delle uscite incentivate, ma io non me la sono sentita. È la prima volta che mi trovo in una situazione simile. L’inflazione picchia duro, ma non serve che lo dica io. Gas, luce, beni alimentari, assicurazione, benzina: tutto è aumentato a ritmi insostenibili. E non credo che si tornerà indietro. In questo senso mi sento abbandonato dalla politica, nessuno mi rappresenta davvero. Poi si chiedono perché la gente non vota”. “L’auto in un certo senso mi ha dato tutto, ma oggi la paura più grande è che diventi il mio rifugio per la notte”, conclude.