Quella di Emanuele De Maria, il 35enne che domenica 11 maggio si è suicidato lanciandosi da una delle guglie del Duomo di Milano dopo aver ucciso la donna con cui aveva una relazione e aver ferito gravemente un collega di lavoro, è la storia di un detenuto modello. Il killer era stato ammesso al lavoro esterno mentre stava scontando 14 anni di carcere per il femminicidio della 23enne tunisina Oumaima Racheb commesso il 31 gennaio 2016, nel Casertano. La vittima fu pugnalata al volto, alla gola e al fianco sinistro. Emanuele De Maria fu arrestato in Sassonia il 22 gennaio 2018. Giudicato con il rito abbreviato, la sua condanna escludeva tutte le aggravanti: la premeditazione, i motivi abbietti, la crudeltà. Durante la sua detenzione, il 35enne ha cambiato diversi penitenziari. Da poco meno di due anni lavorava come receptionist all’hotel Berna di via Napo Torriani, davanti alla Gintoneria in zona Stazione Centrale. Da pochi mesi era stato assunto con un contratto a tempo indeterminato. Un’opportunità propedeutica alla sua reintegrazione in società.
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“Mi sento accettato da parte di tutti i miei colleghi. C’è un feeling molto positivo tra di noi”
Lo scorso 30 novembre Emanuele De Maria raccontò la sua storia ai microfoni della trasmissione Mediaset “Confessione Reporter”. L’uomo fu intervistato all’interno della struttura ricettiva per la quale lavorava. “Sta andando molto bene – disse a proposito del suo impiego come receptionist – mi sento molto accettato da parte di tutti i miei colleghi. C’è un feeling molto positivo tra di noi”. Ed ancora: “Il lavoro che svolgo io non oserei neanche definirlo come un lavoro, tanto lo faccio con passione. Stare a contatto diretto con i clienti di culture, usanze, costumi e religioni diverse mi rende libero, dà anche un senso alla mia quotidianità, perché senti di fare la differenza nel tuo piccolo”. Il 35enne parlava cinque lingue e, in una lettera pubblicata sul sito Gefangenen Info nel 2021, raccontò di avere una moglie e una figlia in Olanda dove diceva di aver “vissuto 25 anni”.

“Bollate dà reinserimento, fiducia, autostima. Qui viene ripristinata la dignità umana”
Davanti alle telecamere del programma Mediaset, Emanuele De Maria parlò apertamente della sua condanna e anche della sua esperienza in carcere: “Sono a Bollate da tre anni e per la fine pena mancano ancora sei anni e mezzo. Rientro ogni sera in attesa del fine pena. Sono stato condannato in via definitiva per omicidio volontario”. Il 35enne fece riferimento ad “un percorso abbastanza travagliato perché sono stato detenuto presso la struttura di Napoli Secondigliano, dove il regime carcerario è molto diverso, vieni gettato facilmente in una cella sovraffollata e vieni un po’ dimenticato lì”. Di contro, a suo dire, “Bollate è un istituto penitenziario dove secondo me la dignità umana viene ripristinata completamente. Quindi Bollate dà reinserimento, dà fiducia, ti dà anche l’autostima che comunque accarezza notevolmente anche l’anima, è fondamentale”.
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Emanuele De Maria suicida al Duomo, in tasca aveva una bustina con una ciocca di capelli
Mentre il percorso finalizzato alla sua reintegrazione in società era stato avviato, Emanuele De Maria ha impugnato nuovamente un coltello uccidendo la 50enne di origine cingalese Chamila Wijesuriya trovata cadavere in un laghetto nel parco Nord di Cinisello Balsamo e ferendo gravemente il barista egiziano Hani Fouad Abdelghaffar Nasr. Tutti e tre lavoravano nello stesso albergo. Dopo una fuga di 30 ore, il killer si è lanciato nel vuoto dal Duomo di Milano in un orario, quello del pranzo, in cui la piazza era affollatissima di turisti. Privo di documenti, è stato riconosciuto dai tatuaggi. In tasca custodiva una foto di Chamila Wijesuriya, sposata e madre di un ragazzo di 17 anni, e una bustina con una ciocca di capelli. Il marito della vittima, quando aveva appreso dell’arrivo di Emanuele De Maria, aveva provato a mettere in guardia la moglie: “Stai attenta, ha già ucciso una donna”. A scatenare la furia omicida sarebbe stata l’intenzione della donna di chiudere la relazione con il collega. Intenzione palesata alla cognata in una telefonata. Hani Fouad Abdelghaffar Nasr, che nel frattempo non è più in pericolo di vita, sarebbe stato ferito per aver suggerito a Chamila di troncare quella liaison pericolosa.