Gianluigi Lentini racconta l'incidente che gli ha cambiato la vita

Gianluigi Lentini racconta l’incidente che gli ha cambiato la vita

Germana Bevilacqua

Gianluigi Lentini racconta l’incidente che gli ha cambiato la vita

| 15/02/2025
Gianluigi Lentini racconta l’incidente che gli ha cambiato la vita

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Gianluigi Lentini, detto Gigi, ex attaccante di Torino e Milan, racconta in un’intervista al “Corriere della Sera” l’incidente stradale che gli ha cambiato la vita. Oggi non gioca più a calcio e fa l’osservatore per il Monza. “Il ginocchio non mi tiene più – esordisce – negli ultimi anni di carriera mi sono rotto il crociato ma non l’ho mai operato. Adesso inizio ad avere problemi, sempre più dolori… Visto che il calcio non è più un lavoro, posso non giocare”. “Abito a Carmagnola vicino Torino – svela – dove sono nato e cresciuto. Vivo con mia moglie, sono sposato per la seconda volta. I miei due figli sono grandi, lavorano entrambi: sono dei bravi ragazzi. Faccio la vita tranquilla come piace a me, non amo stare in mezzo al caos, anche se mi sono sempre adattato”. Adesso si dedica ad altro: “Mi piace fare attività per conto mio: corse, camminate all’aria aperta, potenziamento muscolare. E il biliardo: mi diverto a giocare nelle sale”. La su carriera inizia da giovanissimo: “Ho capito che potevo diventare un calciatore a cavallo tra la Primavera e la prima squadra del Torino. Quindi dai 16 anni in poi. Facevo la differenza come ala. E sono arrivate le prime “pressioni” da ragazzino: o fai il salto o scendi giù”.

“Ho esordito in serie A quando avevo 17 anni – continua – e sono andato in prestito all’Ancona in B, dove facevo anche il servizio militare nelle compagnie atleti. Ogni settimana dovevo andare al raduno della Nazionale Militare. Ad Ancona ho fatto un’ottima stagione”.

Gianluigi Lentini (Foto Instagram)

“Dopo l’incidente mi si sono rallentati i riflessi, ho dovuto ricominciare da zero”

L’ex calciatore ricorda il Mondiale del ’94 sfumato dopo l’incidente in auto nell’agosto ’93: “Arrigo Sacchi, ct della Nazionale, credeva tanto in me. Beh, ai tempi era facile (ride). Dopo l’incidente mi chiamava regolarmente per sapere come stessi. Ma obiettivamente, anche se io non me ne rendevo conto, non ero in grado ancora di affrontare quel tipo di partite. Ho picchiato la testa, mi si sono rallentati i riflessi, ho dovuto ricominciare da zero. Ma quando subisci incidenti così, è difficile rendersi conto di quello che ti succede: dimentichi quello che hai visto pochi secondi prima, ma pensi sia normale. Peccato perché è successo nel momento migliore della carriera: ero all’apice dal punto di vista fisico, psicologico e di esperienze. Avevo 24 anni, dunque ero giovane ma non acerbo”.

“Partendo dal presupposto che mi sono ripreso del tutto – sottolinea – ancora oggi capita che abbia difficoltà a ricordare alcune cose. Non ho una memoria di ferro. Però non so se sono problemi legati all’incidente. Ho anche dovuto quasi imparare di nuovo a parlare: come scandire le parole, oppure ricordare il nome di un oggetto che vedevo”.
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Gianluigi Lentini (Foto Instagram)

“La mia auto faceva i 300 km/h, andando a 100 il ruotino si è scaldato ed è scoppiato”

Della sua ripresa racconta ancora: “Ho fatto miglioramenti graduali per un anno. Poi ci sono voluti altri sei mesi per tornare a buoni livelli dal punto di vista tecnico. A quel punto, avrei avuto bisogno di fiducia e di una persona che credesse in me, che mi desse la possibilità di sbagliare una o due partite”. L’ex campione ricorda poi la sera dell’incidente: “È stata una sera di sfortunate coincidenze, che porta a pensare: ‘Se qualcosa deve succedere, succede’. Era la notte tra il 2 e il 3 agosto del ‘93. Eravamo a giocare a Genova in amichevole. Siamo andati in pullman, la mia macchina era a Milanello. Il giorno dopo avevamo il giorno libero, non sarei stato a Milano. Ma per far sì che andassi via direttamente da Genova, qualcuno doveva portarmi la macchina e c’era bisogno che con lui ci fosse un’altra persona che lo riportasse indietro. Tutto un casino… Ho lasciato la chiave in portineria a Milanello, questa persona ha trovato chi lo accompagnasse e quindi mi ha portato la macchina a Genova”.

“Senza questo incastro, sarei tornato in pullman a Milanello e non sarebbe successo nulla – spiega -. Dopo la partita stavo andando verso Torino, in autostrada un camion ha perso i detriti: ci sono finito sopra, gomma bucata. A 500 metri c’era un Autogrill, mi sono fatto cambiare la ruota. Mi hanno detto: ‘C’è il ruotino di scorta, vai più piano’. Ma più piano quanto? Non lo sapevo. Ho scoperto dopo che il limite era 70 km/h. La mia auto faceva i 300 km/h, anche andando a 100 era piano, in un’autostrada vuota. Sarò andato al massimo a 120. Ma quella velocità ha fatto sì che il ruotino si riscaldasse e scoppiasse. Da lì in avanti non ricordo più nulla”.

Gianluigi Lentini: “Dopo l’incidente riconoscevo le persone, ma non riuscivo a formulare i pensieri”

Poi inizia un lungo periodo di degenza in ospedale: “C’erano mia madre e mio padre. Riconoscevo le persone, ma non riuscivo a formulare i pensieri. E mi dimenticavo tutto subito. Sono stato in pericolo di vita per 24/48 ore, non mi hanno operato”. Del primo incontro con Silvio Berlusconi ricorda: “Mi ha fatto andare in elicottero, ma ci avrei messo di meno in macchina: sono dovuto andare da Carmagnola a Caselle in auto, poi un’oretta di elicottero. Però dai, era affascinante. E quando sono atterrato, l’ho visto arrivare in tuta sportiva e sudato, perché aveva fatto jogging. Non me l’aspettavo: l’ho sentito più vicino. Era una persona affascinante, ti incantava pur non vendendoti fumo: quello che diceva era verificato dai fatti”.

Silvio Berlusconi e Gianluigi Lentini (Foto Instagram)

“La spesa più pazza?  Con il mio primo contratto ho comprato un giubbotto di Versace”

Gianluigi Lentini si definisce un “maniaco della puntualità”: “Anche nelle poche volte in cui ho fatto tardi, ero professionale: avevo una resistenza fisica straordinaria”. Poi aggiunge: “Il calcio mi ha dato la possibilità di guadagnare soldi e mi è anche piaciuto condividerli con i famigliari. Mia mamma è la mia principessa”. “La spesa più pazza?  Con il mio primo contratto: anche se guadagnavo relativamente poco, ho comprato un giubbotto di Versace pagandolo un quinto del mio stipendio di un anno intero”. Da giovane era un rubacuori. “Non avevo sempre relazioni fisse – ammette – e mi sono anche divertito. Ma nonostante la mia attrazione, essendo un calciatore famoso, sono sempre stato molto rispettoso. E lo sono in ogni contesto della vita, basta che ci sia educazione reciproca”. “Sono concreto e molto contento della mia vita. Sono felice e sto bene di salute: è la cosa più importante”, conclude.

Pubblicato il 15/02/2025 09:12

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