Camilla, figlia di Maurizio Costanzo, racconta il rapporto con il celebre padre in un’intervista rilasciata al quotidiano “La Stampa”. L’occasione è l’uscita del suo ultimo romanzo dal titolo “Tempo al tempo”. Classe 1973, la scrittrice, sceneggiatrice e giornalista romana è nata dal secondo matrimonio di Maurizio Costanzo con Flaminia Morandi. Dalla loro unione è nato anche Saverio, regista e sceneggiatore di successo. La primogenita del compianto giornalista e conduttore è sposata ed è madre di due figli. “Mio padre non ha mai letto niente di quello che scrivevo perché gli dava angoscia – confida – Non ha mai visto neanche i film di Saverio, mio fratello, ma mi chiamava e mi diceva: ‘Dimme te prego come va a finì’. Era in ansia, credo, non so spiegarlo. A noi la cosa faceva sorridere, non ne abbiamo sofferto, capivamo che era in sofferenza, e che non era una negligenza o un disinteresse verso di noi, anzi. Non leggeva e non giudicava quello che facevo, ma mi accordava sempre una grande fiducia e questo mi responsabilizzava”.

Camilla Costanzo: “Ho inseguito mio padre tutta la vita, lui viveva per lavorare”
“Io sono stata cresciuta da mia madre – racconta Camilla Costanzo – mio padre non ci ha mai abbandonati ma era assente, e questo è stato un dolore enorme, forse il più grande della mia vita, perché ero innamorata di lui e lo inseguivo, dovevo andare io da lui, lo incontravo sempre in uno studio, in un teatro, perché lui era sempre a lavoro, lavorare veniva prima di ogni cosa, di me, di noi. Ricordo che lo spingevamo a uscire, andare al mare, ma la sua risposta era sempre: ‘Non mi interessa’. Senza il lavoro si sentiva niente. Io sono stata cresciuta da mia madre, che mi ha fatto vedere altro, ed è grazie a lei se il mio amore per la vita non è racchiuso in quello che faccio”.
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“Non mi è piaciuta Buona Domenica, m’è parsa una deriva”
“Mio padre aveva un’affezione per il suo lavoro che era anche un dato generazionale – spiega la primogenita di Maurizio Costanzo – però per lui c’era qualcosa di più: ‘fare’ era il suo modo di scacciare la paura della morte e della solitudine. Era un uomo incredibilmente malinconico, e questo sì, lo abbiamo in comune. Litigavamo molto. E il suo lavoro c’entrava tutte le volte. Quando ero piccola, a scuola mi chiamavano la ragazza coi baffi per via delle sue pubblicità delle camicie della Dino Erre, e quando gliele contestavo, mi rispondeva che con i soldi che gli portavano, ci mandava tutti in vacanza. Quando sono cresciuta, non ho condiviso alcune sue scelte professionali, non mi è piaciuta Buona Domenica, che m’è parsa una deriva, mentre il Costanzo Show lo amavo, e credo che quello che faceva lui, oggi, venga copiato ed esasperato da Cruciani alla Zanzara. Ovviamente, non mi piaceva Berlusconi, ma ho imparato ad ammettere che è stato un editore che lo ha lasciato libero in un modo in cui credo che nessun altro avrebbe fatto, oggi meno che mai”.
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“Crescere i figli significa insegnargli ad abbandonarci perché tanto poi tornano”
Per anni Camilla Costanzo ha sofferto per i sentimenti che, a suo dire, il padre non era riuscito a dimostrarle. “Poi ho capito che sono stata io a non saperli vedere – ammette – Quando è morto mio padre, uno sceneggiatore che lavorava con lui mi ha raccontato che, una volta, era andato nel suo ufficio per chiedergli un consiglio su come far pace con sua figlia. E mio padre tirò fuori dal taschino una lettera che, molti anni prima, gli avevo scritto. Era una lettera durissima, che non ricordavo neanche più. Mio padre gliela lesse e gli disse: ‘Guarda che alla fine i figli tornano sempre’. Per questo dobbiamo avere fiducia nel fatto che crescerli significa insegnargli ad abbandonarci. Perché tanto poi tornano. E noi dobbiamo saperli aspettare”.