Arturo Brachetti è un trasformista, illusionista, attore e anche regista. In un’intervista rilasciata al “Corriere della Sera” si mette a nudo e racconta aspetti inediti della sua vita privata. Vive in un attico a Torino con vista sulla Cupola del Guarini. Famoso per i suoi costumi di scena, eccentrici e coloratissimi, svela: “Li conservo in un magazzino fuori Torino: sono 450, ogni tanto vado a respirare la storia che hanno catturato. Alcuni li ho indossati una volta sola. Li conservo tutti perché sono pieni di trucchi. Sono molto affezionato ai frac bianchi, che uso nel finale dei miei spettacoli, fatti da diverse sartorie per il mondo. Ne ho sei o sette, raccontano 43 anni di vita artistica. Il primo è tutto liso. Quando morirò voglio essere sotterrato con uno di quelli”. Ha pensato a tutto, dall’abito all’epitaffio sulla lapide: “Il più bello me lo ha fregato Augusto Fregoli, il primo trasformista: ‘Qui compì la sua ultima trasformazione’. Il mio sarà: ‘Si è trasformato in qualcosa di meglio’”. Arturo Brachetti si diverte tanto a travestirsi che lo fa anche nella vita reale: “Per esempio quando vado a teatro a vedere i colleghi mi rendo irriconoscibile – racconta – pago sempre il biglietto così non sono costretto a passare in camerino se lo spettacolo non mi è piaciuto. E se proprio devo e non mi ha convinto, me ne esco con: ‘Quanta energia…’. Sprecata”.
“Mi fa un tristezza non aver avuto proposte per un One Man Show”
Un trasformista può usare la sua arte per ingannare. Infatti racconta: “Grazie al vestito da prete un brigadiere non mi fece la multa mentre andavo a 70 all’ora su una strada da 50. Un’altra volta, con la complicità dei miei fratelli, andai a trovare mia zia per l’estrema unzione; lei aveva gli occhiali sul comodino, non mi riconobbe e cominciò a gridare: ‘Non sono ancora morta!’”. La sua è una carriera costellata da successi e riconoscimenti. La sua statua di cera è in quattro musei: “Ora in tre: a Parigi, a Praga e in Svizzera. A Montréal ha chiuso: l’ho saputo tardi, altrimenti l’avrei acquistata”. E il momento che l’ha emozionata di più? “Quando mi hanno dato il ‘Premio Molière per l’Uomo dai mille volti’, nel 2000 a Parigi. Non c’era nessuno della mia famiglia perché non mi aspettavo di vincerlo”. “Mi sento molto appagato – aggiunge – L’unica cosa che mi fa un po’ di tristezza è che la televisione italiana, tutta, al di là di grandi complimenti non mi ha mai proposto un One Man Show. Ci sono colleghi che hanno fatto molto meno di me, venduto molti meno biglietti in Europa, e hanno i loro speciali”. Della sua vita sentimentale non si sa nulla. Lui stesso spiega perché: “Per i miei spettatori io non ho sesso, sono come il personaggio di un popup. Ma sono innamorato, da tredici anni. Di un uomo o una donna? Non lo dico. Negli anni ‘70-’80 la sessualità era molto più libera di adesso e tutti abbiamo sperimentato un po’ tutto, quindi anche io ho avuto delle relazioni sia di qua che di là”. Poi aggiunge: “Quando a Parigi vivevamo quella libertà sessuale sfrenata, non ho mai partecipato alle mega serate di orge: l’angelo custode mi ha evitato di prendere l’AIDS”.
“Il primo film che ho visto è stato Mary Poppins, ancora mi commuovo”
Arturo Brachetti confessa di non aver mai avuto un grande istinto paterno. “Ne ho sentito il bisogno geneticamente a 30 anni. Però mi rendo conto di averne tanti artistici: sono i ragazzi ai quali do consigli, che incoraggio nella carriera. Penso a Gaetano Triggiano, Luca Bono, Filiberto Servi. Sono i figli che ho scelto”. Della sua infanzia e giovinezza ricorda: “Vivevamo in periferia, in una Torino in bianco e nero dove io sognavo a colori. Dal balcone vedevamo l’insegna del Cinema Splendor: la guardavamo come se fosse la scritta Las Vegas. Il primo film che ho visto è stato Mary Poppins. Confesso che quando lo riguardo, la scena della vecchietta davanti alla cattedrale mi frega sempre e mi commuovo”. L’attore ha una mamma di 86 anni in formissima: “A mia madre con mio fratello e le mie sorelle regaliamo sempre la macchina, perché ha 86 anni, ma è molto indipendente: va al mare con le amiche. Forse però il primo grande regalo è stato quando l’ho fatta a venire a Parigi nel 2000, l’anno di svolta”. Poi scherzando dice: “Mio fratello lavora con me, mi fa da commercialista. Così se mi frega i soldi comunque finiscono ai miei nipoti”.
“Ho vissuto gli anni scintillanti del cabaret vero, quello delle ballerine e dei politici con il tutù”
Il 13 ottobre Arturo Brachetti compirà 66 anni, ma lo festeggerà in teatro, all’Alfieri di Torino dove porta in scena “Cabaret – The Musical” con Diana De Bufalo. Un compleanno indimenticabile è stato quello dei 60 anni. “Mio fratello organizzò una sorpresa a teatro – ricorda – riunendo un centinaio di amici. Mia madre con voce tremante lesse una lettera che aveva scritto in stampatello su un foglio con la marca da bollo da 500 lire. È difficile sorprendermi, ma quel giorno fu un’emozione”. Del suo nuovo progetto teatrale dice: “Me lo sento addosso: il film è uscito nel ‘72 e io nel ‘79 mi trovai per due settimane in camerino con Joel Grey, che aveva vinto l’Oscar per il ruolo di cui facevo il playback. Poi nell’83 ho incontrato il regista Bob Fosse. Ho vissuto gli anni scintillanti del cabaret vero, quello delle ballerine e dei politici con il tutù”. “C’è una scena in cui tutti cantano un inno e io esco come un Hitler nano che poi diventa un diavolo che abbraccia il mondo. Il linguaggio è quello della derisione e della caricatura”, racconta ancora. “In cosa mi sento un torinese doc? Nel pissapicùrt, piscia più corto: cioè non fare il passo più lungo della gamba. C’è una vocina che me lo ripete per frenarmi davanti ai progetti nuovi. Ma bisogna combattere il tran tran sabaudo!”, conclude.