Fabrizio Corona choc: "Morirò ammazzato, hanno già provato a uccidermi due volte" - Perizona Magazine

Fabrizio Corona choc: “Morirò ammazzato, hanno già provato a uccidermi due volte”

Daniela Vitello

Fabrizio Corona choc: “Morirò ammazzato, hanno già provato a uccidermi due volte”

| 15/11/2020

Fabrizio Corona si confessa in un’intervista rilasciata a Candida Morvillo per il “Corriere della Sera” in occasione dell’uscita della sua […]

Fabrizio Corona si confessa in un’intervista rilasciata a Candida Morvillo per il “Corriere della Sera” in occasione dell’uscita della sua autobiografia dal titolo “Come ho inventato l’Italia”.

Interpellato sulla storia di un presunto omicidio commissionato ai suoi danni, l’ex re dei paparazzi svela di aver rischiato la vita due volte, non una. Tutto inizia da un debito che aveva contratto nei confronti di un uomo misterioso. Fabrizio vorrebbe fare il nome (“Era un mio cliente, nipote di un celebre potente della storia d’Italia”) ma la giornalista lo blocca dal momento che l’ex fotografo dei vip non lo ha mai denunciato per quanto accaduto.

“In ufficio arrivano due albanesi e scatta la rissa”

“Mi fa causa: secondo lui, gli dovevo dei soldi – racconta – Ma la regola della malavita è che, se fai causa, non puoi mandare il recupero crediti. Se hai messo le carte in mano alla polizia, alla legge, non puoi mandare il balordo a pestare il debitore: se no, la polizia fa due più due. Non puoi stare col male e col bene. Chiaro? Arrivano in ufficio due albanesi. Uno dice: Corona, hai un problema con xx, vedi di dargli i soldi. E io: ah sì? Usciamo e vediamo. Scendo, il mio autista mi segue e scatta la rissa. Accorrono baristi, tabaccai, gli albanesi scappano. Dopo un po’, un tale mi dice che c’ è uno pesante di una famiglia balorda che mi vuole parlare. Era grossissimo e sul cucuzzolo della testa aveva tatuata la sigla Acab: all cops are bastards, tutti i poliziotti sono bastardi. Mi fa: sono venuti due albanesi per comprare una pistola e noi, prima di vendere una pistola, vogliamo sapere a che serve”.

“Volevano uccidermi o gambizzarmi”

“La pistola serviva a uccidermi o gambizzarmi – spiega – Il soggetto con Acab sulla testa, poi condannato a 21 anni con aggravanti mafiose, dice che lui e suoi si sono messi di mezzo perché mi rispettano. Insomma, combiniamo un appuntamento, lui, io, gli albanesi, il creditore. Che ha capito il messaggio e non s’ è più visto. Però, in questi casi, devi stare attento che non ti capiti un cavallo di ritorno”, ovvero “che un malavitoso ti fa un favore, ma per avvicinarti e ottenere qualcosa di peggio”.

“Penso che morirò ammazzato”

“Penso che morirò ammazzato – sentenzia – Ho fatto sei anni di carcere, anche con criminali efferati di cui ho dovuto essere amico per salvare la pelle e che, quando escono, sanno dove trovarmi. Ora, arrivano e dicono: prestami diecimila euro. E io: “sto cavolo”. Poi, dai domiciliari, esco per andare allo Smi, un centro di recupero di esecuzione penale, e trovo altri criminali, che pure vogliono favori. Prima, davo retta, ora, li mando a quel paese. Ma è gente che se la prende. Tanti mi vorrebbero morto”.

“Sono un furbo, non un criminale”

Corona rifiuta l’etichetta del criminale. ”Sono un furbo che non ha fatto male alla povera gente, ma ha sfruttato e fregato un sistema già corrotto – dichiara – Ora ho incontrato tante case di produzione per trattare i diritti per film e docuserie e tutti mi hanno detto: non pensare che ne esci bene. Sicuramente è così, ma anche Il Lupo di Wall Street , quando ha dato i diritti, era una persona diversa da quella che si vede nel film”.

“A 14 anni mi sono tuffato in una piscina vuota e ho battuto la testa”

“Da quando quattordicenne mi sono tuffato in una piscina vuota, ho battuto la testa e non sono più stato l’angelo che ero, ho vissuto dall’interno tutto quello che ha segnato questo Paese: la moda, Tangentopoli, il berlusconismo – ricorda – Ora immagino d’aver creato questo mondo a mia immagine e somiglianza perché l’ho strumentalizzato, ci ho guadagnato e l’ho colpito da anarchico. Il mio obiettivo era entrarci per distruggerlo, perché mio padre, da quel mondo, è stato sconfitto e io l’ho voluto vendicare. Mio padre (Vittorio Corona, ndr.) era un grande giornalista ed è stato fatto fuori dal sistema. Dalla Rai, nel ’92, per un titolo sui politici e la Cupola; da Mediaset, perché non appoggiò Berlusconi nel ’94. Andò alla Voce con Indro Montanelli e quando hanno chiuso, non ha più potuto lavorare”.

“Il mio è un mito negativo ma vorrei la grazia”

“Il mio è un mito negativo – ammette – Mi sentivo il protagonista di una storia d’ingiustizia e ho cavalcato quello storytelling con la follia di chi pensava di non pagare le conseguenze. Poi, davanti al macigno di una pena di 14 anni cumulativa, ho capito che la battaglia andava giocata in altro modo. Tuttavia, ancora fatico a stare zitto di fronte a certe cose (…) Vorrei la grazia. Per la sproporzione della pena e per come sono cambiato”.

“Oggi se non prendo tranquillanti non dormo”

“Prima, vivevo in una pazzia totale, ma da quando ho ritrovato un rapporto con mio figlio Carlos, sento il peso di tutto quello che ho passato – confessa – Se non prendo tre Tavor o 30 gocce di Xanax, non dormo. Nessuno può capire cosa provo al pensiero che potrei tornare in galera. Ho perso la libertà dal 2011, sono passati quasi dieci anni. Esco una volta a settimana per due ore e, quando torno, sono devastato perché il contatto col mondo mi destabilizza: sono abituato al luogo chiuso. Non ho più la dimensione spazio-tempo”.

“Ho sempre sabotato i miei amori per paura di restare fregato”

Nel libro, Corona parla del suo amore smisurato per il denaro (“La mia grande malattia: mi dà il senso del successo e dell’identità. Sto cercando di curarmi con uno psicologo e due psichiatri”) ma anche della madre Gabriella (“E’ il mio punto di riferimento”). “Da piccolo mi sentivo sempre il meno amato – confida – Credo sia per questo che ho sempre sabotato i miei amori. Ne ho combinate di ogni per dirmi che, se fosse finita, me l’ero cercata. Darsi tutto per amore e poi rimanerne fregato non fa per me. A pensarci, tutta la mia vita è stata un autosabotaggio. Mi sono sempre detto: lo faccio e poi trovo un rimedio”.

“Non ho mai amato Belen e Nina Moric”

I suoi amori, dice oggi, erano progetti editoriali. “Io, più Belén Rodriguez o Nina Moric diventavano famose, più le amavo. Ma ora so che non era vero amore – rivela – Se ami, non potresti fare quello che fai alle persone con cui stai. Tipo ho venduto le foto di me e Belén che facevamo l’amore alle Maldive e ho finto di cercare, disperato, chi aveva osato scattarle. Però, le ho create e fatte diventare quello che sono diventate”.

“Fino a qualche anno fa mio figlio era un progetto editoriale”

Anche il figlio Carlos, fino a qualche anno fa, era per lui un progetto editoriale. “La differenza fra me e gli altri che lavorano nel mio ambiente è che io ho il coraggio di ammetterlo – spiega – Era un progetto editoriale nel 2002, oggi nel 2020, non è più così. A quei tempi, non esistevano i social, però c’era la copertina, la sfilata col pancione, l’esclusiva del parto… Oggi, il 99 per cento degli influencer ha figli come progetto editoriale. Fedez e Ferragni coi figli aumentano le visualizzazioni, vendono emozioni, monetizzano”.

Infine, Corona svela che il figlio ha “dei momenti psicotici. Quando arrivano, essendo un’anima fragile, si fa influenzare da terzi”.

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