Cracco dice no alla distanza sociale e al plexiglass, ecco la sua "ricetta" per riaprire i ristoranti - Perizona Magazine

Cracco dice no alla distanza sociale e al plexiglass, ecco la sua “ricetta” per riaprire i ristoranti

Daniela Vitello

Cracco dice no alla distanza sociale e al plexiglass, ecco la sua “ricetta” per riaprire i ristoranti

| 27/04/2020

In un’intervista al quotidiano “La Repubblica”, Carlo Cracco commenta la decisione del governo italiano di far slittare al primo giugno […]

In un’intervista al quotidiano “La Repubblica”, Carlo Cracco commenta la decisione del governo italiano di far slittare al primo giugno la riapertura dei ristoranti. Il popolare chef, che possiede tre locali e al momento lavora solo col delivery, non è particolarmente ottimista riguarda al futuro.

“In tanti dopo due mesi di stop assoluto e soprattutto dopo altri mesi futuri di poco lavoro dovranno chiudere – dice – Si salverà chi è nei piccoli borghi, che ha avuto minori problemi sanitari e ha costi minori di gestione. E chi ha attività familiari. Ma prima di ogni considerazione voglio parlare di un problema vero. La sicurezza. Nostra e del cliente”.

Cracco boccia i pannelli in plexiglass. Secondo lui, inoltre, la distanza sociale non basta a garantire la sicurezza. “Bisogna prima di tutto fare i tamponi ai dipendenti dei ristoranti – dichiara – Perché io devo assicurare a chi viene da me la massima sicurezza sanitaria così come gliela assicuro sul cibo. Stiamo parlando di trasparenza, di salute. C’è gente che ha perso i propri cari, chi sta soffrendo per amici in difficoltà. E la risposta per ripartire è la distanza? E capisco che possa essere complicato da organizzare. Ma che cosa dà più sicurezza alla gente della certificazione ufficiale? Io devo garantire chi verrà da me a cena. E se non ho patentini veri, reali, mi crede sulla parola? E pensate ai dipendenti che in questo momento vedono a rischio il posto di lavoro, il futuro. A loro io devo offrire garanzie”.

“Nulla sarà più come prima, serviranno un paio di anni almeno per ripartire bene – aggiunge – Ma non per questo ci dobbiamo fermare. In questo momento si deve trasformare l’esperienza in forza, la pausa obbligata in pensiero costruttivo, inventandosi delle cose (…) Ho scoperto il mondo digitale come strumento per far conoscere il nostro cibo ovunque, senza la presenza fisica. Sarà una delle sfide future, il negozio online, noi delle grandi città dovremo fare i conti per un po’ con la sparizione del turismo che tanto ci aveva dato. Se la gente non può venire da noi dobbiamo essere noi ad arrivare da loro. Penso a un delivery nazionale e internazionale. Con la pasticceria, per esempio. Io e ragazzi abbiamo pensato: che cosa possiamo fare come tributo alla Lombardia, la terra più colpita dal virus? E ci siamo inventati il Pan Mugnaga, pane dolce all’albicocca rivisitato. E subito sono arrivate richieste”.

La crisi spingerà voi stellati ad abbassare i prezzi? “Io rimango convinto che uno chef debba saper far da mangiare bene per 10, 100, 1000 euro – replica – Io sono per l’accessibilità del cibo a tutti quanti. Sapendo differenziare e offrendo comunque la massima qualità grazie a creatività e materie prime. Fermiamoci a ripensare. E privilegiamo le nostre cose, valorizzandole”.

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