Dopo la strage di Monreale, Roberto Saviano riflette sul dibattito culturale che vede sotto accusa “Gomorra” e “Mare Fuori”. Serie tv come queste hanno una responsabilità morale nell’immaginario dei più giovani? La risposta per lo scrittore è “no”. “Uno degli orrori più grandi che ho visto è che a un certo punto è stato mostrato un drappo con su scritto ‘Basta con Gomorra e Mare Fuori. Qui si muore davvero’ – afferma in un video condiviso sul suo canale Youtube – Ancora una volta una cultura reazionaria, tipica della destra al governo, suggerisce che i responsabili di queste tragedie non siano la disoccupazione endemica (nel quartiere Zen è oltre il 70%), la diffusione delle armi, la dinamica competitiva che pone tutti contro tutti in una logica dove vince sempre solo chi intimidisce l’altro, chi è potente, chi ti può comprare o minacciare (…) Si dà la colpa a chi racconta tutto questo, questa è la nuova omertà. Non si dice ‘non esiste la malavita’ (…) si dice la mano è stata armata dai film. Che idiozia assoluta!”
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Roberto Saviano spiega perchè “Gomorra” e “Mare Fuori” non c’entrano
“Quindi quante centinaia di killer dovrebbero esserci? E quante persone invece dovrebbero passare dalla parte del bene soltanto vedendo una serie dove il bene trionfa o dove gli eroi sono buoni? – chiede l’autore di “Gomorra” – Che i protagonisti di queste serie siano affascinanti l’ho detto milioni di volte. Per rendere autentica questo tipo di realtà devi raccontare secondo verità, altrimenti stai facendo soltanto brutto cinema (…) Per distruggere tutto questo, non devi togliere il racconto. Come interrompi questo percorso? Restituendo dignità…con i diritti. I diritti si raggiungono col lavoro, con l’investimento, con la possibilità di trasformare queste realtà”.
“Questa cultura criminale è connessa al disagio e ha un codice comune: conta se ti fai rispettare”
“Calvaruso (uno dei ragazzi dello Zen arrestati per la strage di Monreale, ndr) incarna un archetipo: non affiliati o non ancora affiliati, disoccupati, non dentro una cultura di mafia ma non esterni (…) Pistola e lavoretti criminali non li disciplinano. Quindi sono mine vaganti e diventano pericolosissimi perché non sono vincolati neanche da un codice o da un addestramento. Possono sparare se qualcuno gli pesta un piede, se li guarda o li sta maltrattando. In questo caso la vendetta era contro il rimprovero, per una rissa sfinita a svantaggio dei palermitani. Questa cultura criminale è direttamente connessa al disagio e ha un codice comune: conta se ti fai rispettare. E se non hai molto denaro, una bellezza riconosciuta dall’algoritmo, ti fai rispettare solo con la paura”.
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“Vivere onestamente significa stare in balia di chi comanda senza alcuna possibilità di protezione”
“Lo scrittore Corrado Alvaro dice: ‘Quando non hai niente, spesso l’unica cosa che ti rimane è mettere paura’. Questo capitale di paura è quello che è diffuso in questo momento in intere generazioni – conclude Roberto Saviano – È questo a rendere insicura la vita. La responsabilità è in questa disoccupazione, in questa assoluta incapacità politica, nell’assenza di qualsiasi prospettiva (…) La disperazione più grande è quando la giustizia diventa qualcosa a cui è impossibile ambire. La giustizia è qualcosa che sai non accadrà (…) La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile. Perché vivere onestamente significa stare in balia di chi comanda senza alcuna possibilità di protezione”.