A Salvatore Parolisi, condannato a 20 anni per l’omicidio della moglie Melania Rea, non è stata riconosciuta l’aggravante della crudeltà, come accaduto a Filippo Turetta, assassino reo confesso dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin. Melania Rea ha 29 anni e una bambina di nemmeno due quando, il 18 aprile 2011, scompare sul Colle San Marco ad Ascoli Piceno dove si era recata insieme a marito e figlia. Due giorni dopo, viene ritrovata cadavere nel bosco di Ripe di Civitella, trafitta da 35 coltellate. Ad ucciderla mentre la piccola Vittoria era in macchina è stato il marito, il caporal maggiore dell’Esercito Salvatore Parolisi, condannato inizialmente a 30 anni poi ridotti a venti.
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Il padre di Melania Rea: “Parolisi dovrebbe restare in carcere per sempre”
“Per me è sempre come se fosse successo ieri”, dice Gennaro Rea, padre di Melania, in un’intervista rilasciata a “il Centro” a distanza di 14 anni dal delitto. All’epoca il termine “femminicidio” non era stato neppure coniato. La strage delle donne non si ferma. “Manca la certezza della pena in questo Paese in cui lo Stato continua a guardare questo infinito elenco di donne uccise da uomini – dichiara Gennaro Rea – Guardi il caso della mia Melania e pensi che tra qualche tempo l’assassino di mia figlia potrà pensare alla libertà, a rifarsi una vita, come se l’omicidio fosse stato una parentesi”.
“Io non credo che chi ha ucciso in quel modo possa redimersi, possa pentirsi – continua – Penso invece che chi ha fatto una cosa così possa rifarla. E allora credo che sia giusto che resti in carcere per sempre, che si butti la chiave perché uno che fa una cosa del genere può solo rimanere in cella. Dopo l’omicidio di Melania la mia famiglia ha fondato un’associazione contro la violenza sulle donne perché l’attenzione resti sempre alta, ma è lo Stato che deve fare di più”.

“Mia figlia non ha avuto giustizia, per i giudici il marito non è stato crudele”
La Cassazione ha tolto a Salvatore Parolisi l’aggravante della crudeltà. “Non posso dire che Melania abbia avuto giustizia perché non l’ha avuta – sentenzia Gennaro Rea – Il marito l’ha uccisa con 35 coltellate mentre la loro figlioletta di 17 mesi era in auto, l’ha lasciata agonizzante in un bosco e dopo qualche giorno è tornato ad oltraggiare il corpo per depistare le indagini. Ma per i giudici questo non vuol dire essere crudeli. La stessa cosa nelle motivazioni della sentenza hanno detto di Turetta. Per i giudici essere crudeli significa altro, significa un altro modo di interpretare la sofferenza fisica. Ma che valore ha la sofferenza umana? Come si fa a dire quanto possa soffrire una donna che vede l’uomo che ama colpirla fino alla morte?”.
La figlia di Melania Rea e Salvatore Parolisi oggi porta il cognome della madre
Di Melania Gennaro Rea ricorda “il sorriso, la sua voglia di vivere e di fare la mamma, il suo amore per l’uomo che le avrebbe tolto la vita”. “Tutte le volte che guardo mia nipote vedo mia figlia, quello che avrebbe potuto essere e non sarà mai, quello che avrebbe potuto dare a noi genitori e che non potremo avere – confida – Era contenta della sua vita, del suo matrimonio, quando ci vedevamo la sua voglia di vivere contagiava tutti. Ecco, il ricordo di Melania è Melania stessa”. Oggi Vittoria, cresciuta dai nonni materni a cui è stata affidata dal tribunale dei minori, ha 18 anni, ha cambiato cognome e porta quello della madre. Le prime domande le ha fatte da piccola e i nonni l’hanno cresciuta nella verità.
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“Tutte le volte che guardo mia nipote penso con rabbia a chi le ha impedito di crescere con sua madre”
“È stata seguita dagli psicologi del tribunale – racconta Gennaro Rea – Negli anni anche io e mia moglie siamo diventati psicologi, psicologi di noi stessi, per affrontare con lei tutto al meglio cercando di mettere da parte il dolore di genitori per essere solo nonni. E vedere come è cresciuta serena ci riempie la vita. Ma tutte le volte che la guardo penso con rabbia a chi le ha impedito di crescere con sua madre, con una ragazza che aveva solo 29 anni e tanta voglia di vivere. Mia nipote non potrà mai ricordare una sua carezza, una sua parola, una sua favola della buonanotte. Si dovrà accontentare di vedere sua mamma nelle foto, di conoscerla dai racconti dei nonni, degli zii, delle amiche”.