Il magistrato dello scandalo in tv: "Le studentesse non erano obbligate a mettere la minigonna" - Perizona Magazine

Il magistrato dello scandalo in tv: “Le studentesse non erano obbligate a mettere la minigonna”

Daniela Vitello

Il magistrato dello scandalo in tv: “Le studentesse non erano obbligate a mettere la minigonna”

| 24/01/2018

Francesco Bellomo, 47 anni, barese, brillante magistrato espulso dal Consiglio di Stato dopo lo scandalo del contratto imposto alle studentesse […]

Francesco Bellomo, 47 anni, barese, brillante magistrato espulso dal Consiglio di Stato dopo lo scandalo del contratto imposto alle studentesse di un corso privato per aspiranti magistrate, parla per la prima in tv. La sua versione dei fatti è andata in onda su RaiUno a “Porta a Porta”.

Secondo il Consiglio di Stato, le colpe di Bellomo – sul cui capo pendono tre inchieste penali – sono legate al suo ruolo di docente in una scuola privata che organizza corsi a Bari, Milano e Roma per il concorso in Magistratura. Il giurista difende il contratto che imponeva alle studentesse e che prevedeva un dress code con tanto di minigonne, trucco marcato e tacco 12 con abiti pagati dalla scuola.

Inoltre, allievi e allieve dovevano firmare una clausola sui rapporti sentimentali con decadenza in caso di matrimonio e fidanzamento consentito solo se il/la fidanzato/a risultava avere un quoziente intellettuale pari o superiore ad un certo standard da lui valutato. Nel corso dell’intervista rilasciata a Bruno Vespa, Bellomo giudica illegittimo il licenziamento e ammette di aver avuto relazioni sentimentali con alcune allieve ma si rifiuta di quantificarle.

“Essendo le donne la maggioranza nei miei corsi, soprattutto loro volevano aspirare alla borsa di studio e quindi a un rapporto più stretto con me – esordisce – Ho avuto diverse relazioni sentimentali con alcune, ma sono state la netta minoranza rispetto alle donne avute in totale nella mia vita privata”. “Di quante di loro è stato innamorato?, chiede il conduttore. “Io credo di non essermi mai innamorato in vita mia. Se lo fossi stato, sarei sposato”, replica serafico Bellomo.

Quindi spiega così il contratto: “Mi permetta una premessa. Per giudicare un quadro bisogna guardare prima la cornice, poi osservare le parti più importanti e solo dopo passare ai dettagli. Così per il contratto, il codice di condotta è un dettaglio, sia graficamente che per importanza. Il codice di condotta è secondario rispetto al regolamento”.

“Ma come le è venuta in mente la clausola sui fidanzamenti?”, chiede Vespa. “Io ho sempre scelto di circondarmi delle persone migliori. Questa clausola rispecchia il mio principio. Comunque il problema non si è posto, perchè non erano fidanzate. La clausola riguarda anche i ragazzi”, è la risposta dell’ex consigliere di Stato.

“Le pare normale che in un corso per magistrati si faccia questa roba qui?”, lo incalza Vespa in riferimento al tanto vituperato dress code. “Il dress code è accettato. Se non lo si vuole accettare, si può non firmare il contratto – ribatte Bellomo – L’altro giorno ho visto svariate trasmissioni di calcio e in tutte c’era sempre una presenza femminile con ruolo importante posta su uno sgabello rialzato e con un abbigliamento estremo. Non trovo la differenza tra gli ambienti calcistici e le feste che organizzavamo noi con le allieve. Guardi che una ragazza va abitualmente alle feste così, sarebbero venute comunque così”.

Il conduttore fa riferimento ad un caso specifico avvenuto nel 2015. Bellomo avrebbe imposto ad una borsista alla quale era legato sentimentalmente un codice di comportamento che prevedeva il divieto di uscite notturne senza il suo consenso, di accedere in luoghi dove non prende il cellulare, indossare abiti eleganti senza il suo consenso ed avere contatti con altri uomini. Vespa parla di “sudditanza” e Bellomo si difende così: “Allora era una sudditanza reciproca perché quelle regole valevano anche per me. Non è un contratto ma la mia idea di una relazione sentimentale”.

“Il mio comportamento non è stato inappropriato – asserisce l’ex giurista – non mi sono comportato in maniera disonorevole e i miei studenti sono quelli che passano con più frequenza il concorso da magistrato”. Insomma, “vuol dire che il mio metodo di insegnamento funziona”.

“Lei fa una falsa analogia, mette in comparazione cose che non c’entrano niente – conclude – Io non ho fatto male ai cittadini e ho deciso con giustizia i loro casi. Di solito si licenzia se si lavora male, non è il mio caso. Una legge del 1946 diceva che se un magistrato si comporta in maniera disonorevole c’è la sanzione disciplinare, ma la norma è stata abrogata nel 2006 perché troppo generica e perché confonde diritto e morale, cosa che non si dovrebbe mai fare. I miei colleghi hanno sbagliato nel cacciarmi dal Consiglio di Stato: hanno prima deciso e poi motivato, è stato commesso un errore”.

L’INTERVISTA A “PORTA A PORTA” (dal minuto 00:48:00)

Copyright © 2024

Editore: Livesicilia.it Srl - Via della Libertà, 56 – 90143 Palermo Tel: 0916119635 P.IVA: 05808650823
Livesicilia.it Srl è iscritta al Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC) con il numero 19965