Elena Di Cioccio rivela: “Sono sieropositiva da 21 anni"

Elena Di Cioccio: “Sono sieropositiva da 21 anni. Mi sentivo sporca, difettosa”

Germana Bevilacqua

Elena Di Cioccio: “Sono sieropositiva da 21 anni. Mi sentivo sporca, difettosa”

| 29/03/2023
Elena Di Cioccio: “Sono sieropositiva da 21 anni. Mi sentivo sporca, difettosa”

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Elena Di Cioccio è stata protagonista del monologo de “Le Iene” e ha deciso di svelare una circostanza di se stessa e della sua vita che è stata motivo di dolore e frustrazione per oltre 20 anni. Una rivelazione che arriva inaspettata ma che ha restituito alla conduttrice ed ex inviata de “Le Iene” la serenità di stare tra la gente senza fingere di essere diversa dalla persona che è. La Di Cioccio ha raccontato per la prima volta pubblicamente di essere sieropositiva. Lo ha fatto durante il suo monologo e ha aggiunto particolari della sua vita anche in una lunga intervista. Un’occasione che l’ha finalmente resa libera di parlare di quella diagnosi ricevuta oltre 20 anni. La conduttrice ha spiegato il suo stato d’animo in questi lunghi anni ma anche come grazie alla scienza la sua malattia non equivalga più ad una sentenza di morte.

Elena Di Cioccio (Foto da video)

Elena Di Cioccio: “Ho vissuto la malattia come se fosse una colpa”

“Ciao sono Elena Di Cioccio,  ho 48 anni e da 21 sono sieropositiva – dice l’ex Iena in apertura del suo monologo – Ho l’Hiv, sono una di quelli con l’alone viola. Ero molto giovane quando questa diagnosi stravolse completamente la mia vita. All’inizio ho avuto paura di morire, poi di poter fare del male al prossimo. ‘E se contagio qualcuno?’, mi dicevo, ‘Non me lo perdonerei mai’. Non è mai successo, non ho mai contagiato nessuno e non sono morta”. La malattia le ha condizionato la vita e il rapporto con gli altri per lunghi anni. E spiega ancora: “Invece in questi  21 anni, mentre le terapie mi consentivano via via di vivere una vita sempre più normale, ad uccidermi è stata una smisurata vergogna di me stessa. Ho vissuto la malattia come se fosse una colpa. Pensavo che tra me e l’altro, la persona peggiore fossi sempre io. Mi sentivo sporca, difettosa. Avevo timore di essere derisa, insultata, squalificata dal pregiudizio che ancora esiste nei confronti di noi sieropositivi. Così per difendermi, ho nascosto la malattia iniziando a vivere una doppia vita. Una sotto le luci della ribalta e un’altra distruttiva e depressa”.
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Elena Di Cioccio (Foto da Instagram)

“Io sono tante cose e sono anche la mia malattia”

Un percorso lungo e travagliato quello della Di Cioccio che lentamente ha deciso di abbandonare la vergogna e svelarsi alla gente senza più timori. Il monologo continua così:  “Ma una vita a metà non è vita, e ho capito che ne sarei morta se non avessi fatto pace con quella parte di me. Io sono tante cose e sono anche la mia malattia. Oggi sono fiera di me, non mi vergogno più, e l’Hiv che è molto diversa da come ve la immaginate. Io non sono pericolosa, sono negativizzata e finché mi curo io non posso infettare nessuno. Potete toccarmi, abbracciarmi, baciarmi e tutto il resto. Se volete continuare ad avere paura, io lo accetto, però girate lo sguardo verso il vostro vero nemico: l’ignoranza”.

Elena Di Cioccio (Foto da Instagram)

“Oggi prendo una pillola sola al giorno. E non sono più infettiva”

Dopo il monologo, “Le Iene” hanno mandato in onda una lunga intervista a Elena Di Cioccio. L’attrice e conduttrice racconta nei dettagli il percorso che l’ha portata sino alla decisione di svelare la sua condizione. Non è più contagiosa e ci tiene a sottolinearlo: “Non sono più pericolosa. Sono molto libera. È strano parlarne, sento questa esplosione di emozioni e faccio un po’ fatica. Dentro al mio corpo c’è un virus pronto a esplodere, il virus dell’HIV che nel peggiore dei casi può trasformarsi in AIDS, che era quello che succedeva all’inizio. Dagli anni 2000, un sieropositivo sotto terapia farmacologica poteva avere una vita”. E spiega: “Sarò in trattamento per sempre. La malattia è cronicizzata. Non posso permettermi di non prendere i farmaci. Adesso è certo: una persona sieropositiva in trattamento con antiretrovirali negativizzata da oltre sei mesi non è infettiva, neanche se ti tiro il sangue negli occhi. È il mio caso. Questo significa libertà, perché è certificata, non è un’opinione. Se mi chiedi se sono una sopravvissuta, sono passata attraverso psicologi, psicoterapeuti, guri, sciamani. Oggi prendo una pillola sola. Una al giorno. E non sono più infettiva”.

Elena Di Cioccio (Foto da Instagram)

“Ero un po’ integralista sul preservativo. Sono una rompica***”

La scoperta della malattia è stato uno shock, ma la cosa più difficile da affrontare sono stati i pregiudizi: “Il giorno in cui l’ho saputo, mi sono disintegrata in mille pezzi – ricorda – Ero un po’ integralista sul preservativo. Sono una rompica***. Questa roba non mi è arrivata perché me la sono andata a cercare, è arrivata per caso. Mi ricordo che era come se avessi letto la data di scadenza. Uscivamo dagli anni ’90. Era morto Freddie Mercury, era morto Mureyev. Uscivano queste immagini di questi scheletri a letto che morivano tra le braccia dei propri cari. Questa sindrome era legata alla tossicodipendenza, all’omosessualità e alla promiscuità. Se lo hai preso, hai fatto qualcosa di male”. E poi parla di come ha gestito la malattia e la sua vita intima: “Per me era imprescindibile dirlo ai compagni che ho avuto. Non è sempre andata benissimo. Sei sempre dalla parte del perdente, perché l’altro può giudicarti. Non c’è scritto da nessuna parte che dovevo farlo, c’è il profilattico. Ma a me non è stata data la possibilità di scegliere. Non me l’ha detto quello che me l’ha trasmessa, credo che neanche lo sapesse. Solo dal movimento del sopracciglio delle persone capisco il giudizio”.

Elena Di Cioccio (Foto da Instagram)

L’appello alle donne: “Il profilattico noi donne dobbiamo chiederlo sempre”

Infine, Elena Di Cioccio parla del suo impegno come testimonial di Progetto Donna, una campagna lanciata nel 2012 in occasione del 25esimo anniversario della Lila, la lega italiana contro la lotta all’Aids. “Sono andata all’ospedale Spallanzani di Roma e lì ho scoperto di un mondo non raccontato. C’era gente di ogni età, razza e estrazione sociale. Ragazzi molto giovani e signore di sessant’anni il cui marito ha fatto un viaggio di troppo: perché il fatto è anche questo: molti casi si verificano all’interno di coppie stabili, basta che per una volta il compagno sia andato con un’altra donna, e il danno è fatto”. Poi l’appello alle donne: “Il profilattico esiste, è un modo per difendersi, è facile da trovare, perché non usarlo? Noi donne dobbiamo chiederlo sempre. Perché siamo molto più esposte al rischio di quanto non lo siano gli uomini”.


Pubblicato il 29/03/2023 09:26

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