Antonietta Gargiulo: "Come ho saputo che le mie figlie erano morte"

Antonietta Gargiulo, scampata ad un femminicidio: “Le mie figlie sono morte”

Daniela Vitello

Antonietta Gargiulo, scampata ad un femminicidio: “Le mie figlie sono morte”

| 19/04/2025
Antonietta Gargiulo, scampata ad un femminicidio: “Le mie figlie sono morte”

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A “Propaganda Live” la giornalista Francesca Mannocchi ha raccolto la testimonianza di Antonietta Gargiulo, unica sopravvissuta alla strage di Cisterna di Latina avvenuta nel 2018. Il marito della donna, il carabiniere Luigi Capasso, ha tentato di ammazzarla, ha ucciso le loro due figliolette Martina e Alessia e poi si è suicidato. “Ho capito di avere avuto una possibilità che altre donne non hanno avuto perché nessuna torna da un femminicidio. Io sì – ha esordito Antonietta Gargiulo – Quando ho iniziato a lavarmi da sola e a guardarmi nello specchio, ho visto le mie cicatrici. Con tanta delicatezza mia sorella mi ha spiegato quello che mi era successo, che mi erano passati tre proiettili da una parta all’altra del corpo ed ero viva”.

Poi ha ripercorso gli anni difficili trascorsi con il marito, violento sia con lei che con le bambine. “Le persone a cui chiedevo aiuto – ha raccontato – mi dicevano che il matrimonio è una cosa importante, che la famiglia è una cosa importante. Io oggi dico: con la violenza non si scherza. Quando ci sono degli episodi di violenza, anche dei piccoli segnali, bisogna salvare le persone, non il matrimonio”.

Antonietta Gargiulo con le figlie Alessia e Martina (Foto da video)

“Sono andata via di casa un paio di volte, ogni volta che si ritorna la violenza peggiora”

“A settembre 2017, dopo due aggressioni violente davanti alle mie figlie, ho deciso di separarmi – ha spiegato Antonietta Gargiulo ai microfoni di “Propaganda Live” – Io non ero mai abbastanza, mi sono svegliata una mattina e non sapevo più chi ero, quello che volevo, cosa mi piacesse fare. C’erano dei periodi in cui lui era molto violento… io ero incinta di Martina e ho avuto un calcio agli stinchi. Dovevo abbassare il volume del televisore, non avevo sentito perché stavo parlando con mia sorella e lui mi ha dato un pugno in testa. Era difficile separarsi perché, oltre a questa sua aggressività, lui controllava tutto. Io lavoravo, ero una persona autonoma, però lui gestiva tutti i conti correnti cointestati. Sono andata via di casa un paio di volte con le bambine. Ogni volta che si ritorna la violenza peggiora, non migliora”.
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Antonietta Gargiulo (Foto da video)

“Le bambine avevano paura del padre perché avevano visto queste aggressioni terribili”

Antonietta Gargiulo ha riavvolto il nastro dei ricordi sino ad arrivare al giorno della strage: “Il 28 febbraio 2018 era una mattina come tante, io stavo andando al lavoro, c’era la neve. Venivo da mesi in cui avevo attivato sei istituzioni del territorio perché i mesi della separazione non sono stati facili, lui non l’accettava. Aveva anche prelevato i soldi dai conti correnti cointestati, quindi ero senza soldi. Dovevo tenermi questo lavoro perché era la condizione per la quale avrei potuto separarmi e dare una vita dignitosa sia a me che alle mie figlie. Ci seguiva nei posti pubblici (…) e le bambine erano terrorizzate, avevano paura del padre perché avevano visto queste aggressioni terribili. Quella mattina stavo andando giù al garage per prendere l’auto come facevo di solito e, quando sono arrivata alla fine della discesa, l’ho visto uscire da una zona d’ombra già con la pistola, col braccio teso. Ha sparato il primo colpo e io ho indietreggiato, ho urlato, mi sono girata per scappare e invece l’altro colpo mi ha preso la schiena”.

“In quel momento ho sentito venire meno la vita – ha confidato – Mi sono trovata per terra e lui davanti che continuava a sparare. Volevo scappare perché il mio pensiero erano le mie figlie. Ho combattuto per loro contro la morte perché non volevo lasciarle. Ho iniziato a urlare e a chiedere aiuto. Ricordo tutto, ricordo il primo soccorso che era un carabiniere. Quando ero all’ospedale, ho iniziato a farmi forza per le mie figlie perché volevo tornare a casa da loro. Immaginavo quando sarei tornata, sarei stata sul divano con loro in convalescenza e avrei detto loro: ‘Mamma ce l’ha fatta, non vi ha lasciato’. Era il mio unico pensiero felice”.

Antonietta Gargiulo: “Per me le mie figlie e la morte sono due concetti incompatibili”

Antonietta Gargiulo non sapeva che dopo averle sparato, Luigi Capasso era salito in casa dove aveva ucciso Martina e Alessia. “Un giorno molto simbolico, l’8 marzo, una mattina, mi hanno lavato, mi hanno preparato, è venuto il primario della terapia intensiva con la mia famiglia e mi ha detto: ‘Le sue figlie sono morte’ – ha raccontato la donna – E questo non si può descrivere. Per me le mie figlie e la morte sono due concetti incompatibili perché Alessia e Martina erano bambine piene di vita, piene d’amore. Io non ho pensato neanche mai per un secondo di vivere senza le mie figlie perché ho sempre pensato che le avrei lasciate io un giorno. Non avevo più niente dentro, ero come morta e credo che una parte di me sia morta con loro quel giorno, non penso di recuperarla più”.

“Ho passato giorni nel vuoto, poi a un certo punto ho sentito come una forza, come se Alessia e Martina stessero alla destra del mio letto e mi dicessero: ‘Mamma, tu devi vivere, anche per noi. Devi fare tutte le cose che noi sognavamo di fare. Devi fare tutte le cose che noi volevamo fare insieme’ – ha confessato – Piano piano ho iniziato a capire che il mio pensiero era libero, che tutto il mondo interiore, quello che io ero, i miei sentimenti, l’amore per Alessia e Martina erano lì dentro di me e questo non me lo poteva togliere nessuno. Così su quel letto d’ospedale, in quel momento terribile, ho preso la mia più grande decisione: mi sarei alzata da quel letto, mi sarei ripresa la dignità che il mio assassino voleva togliermi e avrei portato avanti la mia battaglia. Per la verità, per la giustizia, per tutte le donne”.
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“Oggi due bambine non vedono la luce del sole. Abbiamo fallito tutti”

Antonietta Gargiulo porta avanti la sua battaglia contro l’omertà e contro un sistema che non ha saputo proteggere lei e le sue figlie: “Avevo solo questa certezza, che le mie figlie mi volevano viva e non potevo mollare, dovevo cercare la verità perché la verità fa liberi. La verità fa capire che cosa non ha funzionato perché qualcosa non ha funzionato. Noi eravamo prigioniere della paura e lui armato e lasciato libero di agire indisturbato. Ho cominciato ad analizzare la mia storia, tutto il mio percorso, gli aiuti che avevo chiesto. Avevo una grande domanda: come quella mattina lui avesse avuto la pistola. Lui era un carabiniere, quindi faceva parte delle forze dell’ordine e tutto è diventato più complicato. Mi sono scontrata con un muro di maschilismo dove le donne non vengono credute. Mi sono sentita dire da una persona che ritenevo amica: ‘Antonietta, stai esagerando perché lui non è il mostro che tu stai dipingendo’. Infatti è stato molto peggio, ci ha stupito tutti”.

Nessuno ha sentito, nessuno ha capito, nessuno sa. Come è possibile? Allora spero che le vite di Alessia e Martina pesino sulle coscienze di chi non ha fatto o ha fatto male”, ha aggiunto. Nel finale, la donna ha lanciato un messaggio alle nuove generazioni: “Sento parlare di amore malato e questa è una cosa che manda in confusione i nostri giovani. Mettiamo insieme due concetti completamente dissonanti. L’amore lascia liberi, ti rispetta, rispetta i ‘no’, non ti chiude in una prigione ma ti aiuta a sviluppare le tue potenzialità. Non ti vuole nell’ombra, figuriamoci morta. Quindi l’amore malato non esiste. Oggi due bambine che avevano preparato lo zaino per andare a scuola la mattina, che hanno la danza e una vita da vivere non vedono la luce del sole. Abbiamo fallito tutti. Abbiamo perso. Non si può morire sotto gli occhi di tutti”.

Pubblicato il 19/04/2025 13:53

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