Enzo Paolo Turchi: "Prendo una pensione da fame. Non si tratta così un artista" - Perizona Magazine

Enzo Paolo Turchi: “Prendo una pensione da fame. Non si tratta così un artista”

Daniela Vitello

Enzo Paolo Turchi: “Prendo una pensione da fame. Non si tratta così un artista”

| 12/09/2019

A “Storie Italiane” si torna a parlare delle pensioni basse percepite dai lavoratori del mondo dello spettacolo dopo anni di […]

A “Storie Italiane” si torna a parlare delle pensioni basse percepite dai lavoratori del mondo dello spettacolo dopo anni di lavoro e di contributi versati o trattenuti dallo Stato. Paladino della causa è Enzo Paolo Turchi che ha svelato di percepire una pensione mensile, da lui definita “da fame”, pari a 720 euro dopo 50 anni di lavoro. Pur avendo 70 anni, il ballerino continua a lavorare e non si trova in difficoltà economiche. Ma non tutti gli appartenenti alla sua categoria hanno la sua stessa fortuna. Il suo sfogo, come rileva anche la moglie Carmen Russo, nasce dall’intenzione di dar voce ai suoi colleghi.

“Lui si fa carico di una cosa non carina nei confronti della categoria dei ballerini perché lui danza da 40 anni, la danza è stata la sua vita e grazie alla danza lavora ancora – spiega Carmen Russo – Allora lui, che è una persona molto giusta e razionale, dice ‘io che posso dar voce a questa situazione lo faccio. Lascio la mia testimonianza’. Lui non è coinvolto direttamente perché noi non abbiamo dei disagi, noi viviamo bene perché lavoriamo e siamo ancora amati dal pubblico. Siamo richiesti e questo è bello”.

“Mi hanno chiamato ballerini, anche quelli che non conoscevo, da tutta Italia e questo mi ha fatto molto piacere – racconta Enzo Paolo – Mi hanno ringraziato perché finalmente qualcuno parla della categoria. Questo era ed è il mio obiettivo anche per i giovani perché un ballerino giovane tra 20-30 anni cosa si trova? Una nostra amica, che conoscete tutti, una cantante che ha condotto anche programmi televisivi, prende 280 euro di pensione e non ce la fa. È una offesa ad una persona che ha lavorato 45-50 anni, qualunque lavoro abbia fatto, prendere 500 euro al mese. Oggi sappiamo che con 500 euro al mese non si fa niente. Io ho iniziato a versare i contributi al San Carlo di Napoli nel 1966. Finora ho sempre lavorato. Ho versato tanto perché le mie paghe grazie a Dio erano molto alte. E mi trovo con 720 euro di pensione. Questo non riesco a capire”.

Spesso i lavoratori dello spettacolo vengono bollati come “precari di lusso” e accusati di non aver messo da parte i propri guadagni negli anni. Sul tema si esprime Monica Leofreddi che dal 1982 è iscritta tra i lavoratori dello spettacolo come ballerina perché all’epoca non esisteva la figura della conduttrice. “I lavoratori dello spettacolo sono innanzitutto lavoratori con la dignità dei lavoratori, con le fatiche dei lavoratori e con la precarietà dei lavoratori – dichiara la Leofreddi – Questo mondo viene sempre dipinto con un mondo dorato ma come ha dei momenti di grande gioia, visibilità e luci, ha anche tante ombre. Quindi tutti questi guadagni vanno distribuiti nei periodi in cui c’è lavoro. Per quanto riguarda i contributi, rispetto ad altri lavoratori autonomi, non è che c’è una cassa per cui decidi tu se pagare o meno. Viene prelevato il 33% dei tuoi guadagni. In alcuni momenti di lavoro, il 33% dei guadagni è tantissimo. Parliamo di cifre enormi. Quando guadagni 500 euro al giorno per un programma televisivo, vuol dire che lo Stato – a parte le tasse – di previdenza ti prende 150-170 euro. Come per tutti gli altri lavori, quei contributi poi te li devi ritrovare. Non è facile mettere soldi da parte perché non sai quando rilavorerai. Alcuni criticano e dicono ‘ve li potevate mettere da parte e pagare da soli’. Tu li paghi perché li stai dando allo Stato. Quello Stato però non può essere madre e matrigna allo stesso tempo e poi quando te li deve ridare non te li ridà”.

“Monica ha centrato perfettamente il problema – commenta Carmen Russo – Il mondo dello spettacolo non viene visto come un mondo dove c’è professionalità, dove ci sono prove e anni di studio. Per imparare a danzare a livello professionale un ballerino impiega 10 anni con tante spese di cui si fa carico la famiglia. Poi ti capita un programma ma dura tre mesi. Passa magari un anno in cui non fai nulla. Bisogna diluire quello che si è guadagnato. Poi per una questione di diritto, se lo Stato ti preleva, dopo te lo dovresti ritrovare. Bisogna essere tutelati”.

“Nel caso dei ballerini, c’è chi ha l’anca rotta, il ginocchio usurato – conclude Enzo Paolo Turchi – Abbiamo anche questi problemi. Se hai un ginocchio che non funziona più non lavori più e non mangi più. Io ho avuto un problema al ginocchio e grazie a Dio l’ho risolto, sono stato fortunato. E’ un lavoro un po’ particolare, chi ti chiama come ballerino se c’hai il bastone? Io sono portato ad insegnare, ho fatto il coreografo ma c’è chi non è portato” .

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