Pierfrancesco Favino, tra set e vita reale: “Ho fatto di tutto”

Pierfrancesco Favino, tra set e vita reale: “Per pagarmi l’affitto ho fatto di tutto”

Germana Bevilacqua

Pierfrancesco Favino, tra set e vita reale: “Per pagarmi l’affitto ho fatto di tutto”

| 15/05/2025
Pierfrancesco Favino, tra set e vita reale: “Per pagarmi l’affitto ho fatto di tutto”

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Pierfrancesco Favino, dentro e fuori dal set. L’attore porta al cinema “Enzo”, un film di Robin Campillo. La sceneggiatura è firmata dall’amico e collega di una vita Laurent Cantet. Nella pellicola, Favino presta il volto a Paolo, il padre di un adolescente incompreso, che si trova ad affrontare il difficile ruolo di genitore. “L’amore non sempre genera il bene, si può anche amare male – spiega in un’intervista al “Correrie della Sera” – Nel film sono un padre in difficoltà, dolce, spaventato, violento anche fisicamente, ammetto che capita anche a me con le mie figlie, quando non sai risolvere una situazione alzi la voce, oppure sei iperprotettivo. È l’amore di un padre che cela il desiderio di controllare il figlio. Ma sono tanti i temi del film, anche sociali”. “C’è l’idea di progressismo – continua – della borghesia, di cosa significhi appartenere a un ambiente intellettualmente vivo e invece ignoriamo le richieste di qualcuno che vuol diventare sé stesso e ha bisogno di rompere i legami con le proprie radici, e forse sta trovando un proprio talento”.

Il giovane protagonista rompe gli schemi e decide di fare il muratore: “La concretezza del fare è interessante rispetto alla modernità, ed è resa in modo lucido e semplice. Oggi si viene pressati a compiere troppo presto scelte definitive sul futuro”.
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Pierfrancesco Favino (Foto Facebook)

Pierfrancesco Favino, dal set alla vita reale: “Mi sono posto delle domande, che padre penso di essere”

Nel film il protagonista ha un’infatuazione per un altro muratore, ma senza sess0. “Ciò che accade ora è l’apertura della sfera nell’idea di comprensione di sé – spiega l’attore –  anche nella sessualità. Una libertà che prima non c’era. Se non è vissuta con moralismo è una strada importante. Io vengo da una generazione che ha vissuto queste cose con paura, come un’onta”. Dal set alla vita reale, Pierfrancesco Favino ammette: “Mi sono posto delle domande. Che padre penso di essere. Tutti noi pensiamo di essere qualcosa. Poi i fatti dicono quello che siamo. Oggi non possiamo fare a meno dell’ascolto. Ma ascoltare il frutto del proprio sangue è complicato”. L’attore condivide il personale ricordo di suo padre: “Orfano a 8 anni, cresciuto in un seminario, se non si fosse messo la corazza non avrebbe resistito. Era iper affettuoso, ho avuto la fortuna di vivere con lui il mio passaggio come uomo, anche se è bizzarro che sia avvenuto quando si ammalò. Mio padre ebbe il coraggio di diventare antagonista per spronarmi”.

“Da genitore aveva paura di un ambiente così aleatorio e complicato come quello degli attori – confida -, cercava di proteggermi, ma poi soffiò sul fuoco per accendere il motore. Un percorso simile al film? Sì, infatti non è stato difficile intercettare quel padre”.

Anna Ferzetti e Pierfrancesco Favino (Foto da video)

“Fino a 28 anni ho fatto altri mestieri, cameriere, buttafuori, pony express”

Pierfrancesco Favino in questa pellicola recita in francese. “Cannes me la sono dovuta sudare – ammette – se sono qui è per altri film italiani passati al festival, come ‘Il Traditore’ di Bellocchio. Non è una scelta razionale, penso che il nostro cinema appartenga al mondo. Ma si crea un disequilibrio rispetto a quello che si è imparato perché un vocabolario porta con sé attitudini comportamentali. Il mio viaggio da attore è stato faticoso”. La sua non è stata una vita sempre sotto i riflettori, da giovane ha dovuto darsi da fare: “Fino a 28 anni ho fatto altri mestieri per pagarmi l’affitto, cameriere, buttafuori, pony express. Ai provini dicevano che non avevo la faccia da protagonista. Alla mia prima esperienza, un film in tv, ero stato preso come protagonista e mi ritrovai a un ruolo di contorno perché fisicamente non andavo bene. Il bello è che il regista, Alberto Negrin, è lo stesso che poi mi fece fare Bartali. A distanza di tempo è andata bene così, mi sarei bruciato”. “Mi considero un senza patria tuttora – afferma – non mi sono mai sentito da qualche parte, anche i miei genitori erano immigrati dalla Puglia. L’idea del viaggio è importante”.
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Pierfrancesco Favino (Foto Instagram)

“All’adolescenza non ci tornerei. È faticoso stare dentro quel turbamento”

Della giovinezza Pierfrancesco Favino non ha un bel ricordo. “Non ci tornerei – rivela -. È faticoso stare dentro quel turbamento in cui sei tutto e niente, una cosa e il suo opposto, desideri essere accettato e non appartenere a nulla. Una tensione insopportabile che ricordo bene. E ho due figlie adolescenti. La mia ribellione è stata fare questo mestiere. Ho scelto questo mestiere per necessità di evasione”. L’attore è tra i firmatari dell’appello al governo in difesa del cinema. “La cosa più lucida a favore delle piccole produzioni l’ha detta Pupi Avati, che non mi sembra un trotzkista – argomenta l’attore -.  È necessario costruire ponti, sono anni che chiediamo incontri, anche prima di questo governo. La narrazione della resa dei conti non è utile, voi sapete se io sono comunista? E qual è l’idea di un elettricista del cinema?”.

“Io sono a disposizione del dialogo, per migliorare la situazione, che il tax credit andasse rivisto eravamo tutti d’accordo. Le cose non si risolvono dicendo tu sei della Lazio e con te non parlo”. conclude.

Pubblicato il 15/05/2025 13:10

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