Shelley Duvall è morta. L’attrice protagonista di “Shining”, pellicola cult di Stanley Kubrick, se n’è andata nel sonno nella sua casa di Blanco, in Texas. La donna aveva 75 anni ed era affetta da una grave forma di diabete. Shelley Duvall resta nell’immaginario collettivo la protagonista del thriller “Shining”, ma non solo. Ha recitato in sette film diretti dal suo mentore, il regista Robert Altman. A comunicare la scomparsa dell’attrice a “The Hollywood Reporter” e “Variety”, è stato il compagno, Dan Gilroy, accanto a lei dal 1989. “La mia cara, dolce, meravigliosa compagna di vita e amica ci ha lasciato. Troppe sofferenze ultimamente, ora è libera. Vola via, bellissima Shelley”, ha dichiarato l’uomo.
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Morta Shelley Duvall, l’attrice ha esordito sul grande schermo a 21 anni
Shelley Duvall era nata a Houston il 7 luglio 1949. Ha esordito ad appena 21 anni con il regista Robert Altman che l’ha lanciata nel 1970 con “Anche gli uccelli uccidono”. Sempre con lo stesso regista ha lavorato nei film: “I compari” (1971), “Gang” (1974), “Nashville” (1975), “Buffalo Bill e gli indiani” (1976). Nel 1977 compare in una pellicola di Woody Allen, “Io e Annie”, e nello stesso anno è co-protagonista di “Tre donne” sempre di Robert Altman, Per quest’ultimo film ottiene il premio per la miglior interprete femminile al Festival di Cannes. Nel 1980 gira l’ultimo film per la regia di Robert Altman, “Popeye – Braccio di Ferro”, dove interpreta Olivia Oyl, la fidanzata di Popeye interpretato da Robin Williams.
Ma il successo arriva nello stesso anno con l’interpretazione dell’indimenticabile Wendy, l’angosciata moglie di Jack Torrance in “Shining”. Famosa la scena in cui la protagonista schiva l’ascia brandita da Jack Nicholson. Nel 2016 l’attrice era apparsa irriconoscibile in tv, nel talk show “Dr Phil”, e aveva annunciato di avere problemi di salute mentale.

Shelley Duvall ha anche prodotto programmi per bambini
Shelley Duvall non fece mai mistero della difficoltà incontrata nell’interpretare il ruolo di Wendy. Il regista, nel corso dei 13 mesi di riprese in Inghilterra, la costrinse a sedute di 12 ore di pianto al giorno affinché quella tristezza fosse più visibile nel personaggio che doveva rappresentare. Un’esperienza dura e insostenibile che la stessa attrice dichiarò che non avrebbe mai più accettato per nessuna futura parte. Circostanza confermata dal documentario, uscito sempre nel 1980 e realizzato dalla figlia di Kubrick dal titolo “Making The Shining”, in cui si vede la durezza del regista nei confronti dell’attrice. Shelley Duvall ha continuato a lavorare per tutta la vita per il cinema, ma non solo. Per alcuni anni ha prodotto anche programmi per bambini con la sua “Think Entertainment”, che le valse due nomination agli Emmy Award.