Dalla Brianza alla Maldive, storia di un'italiana che vive in paradiso

Dalla Brianza alla Maldive, la storia di un’italiana che vive in un paradiso: “Qui ho trovato l’amore”

Germana Bevilacqua

Dalla Brianza alla Maldive, la storia di un’italiana che vive in un paradiso: “Qui ho trovato l’amore”

| 03/08/2023
Dalla Brianza alla Maldive, la storia di un’italiana che vive in un paradiso: “Qui ho trovato l’amore”

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Quando si dice “lascio tutto e scappo alle Maldive”. E’ proprio quello che ha fatto Paola Pesce, 51 anni, nata a Vimercate e cresciuta a Lomagna, Brianza lecchese. Un viaggio verso le Maldive senza ritorno per iniziare una nuova vita. La donna lavora come dipendente di una guest house, ovvero l’affittacamere, un ruolo che in realtà va ben oltre l’accoglienza: “Organizzo escursioni e favorisco l’incontro tra visitatori e popolazione locale”. Così da 15 anni. Oggi vive sull’isola di Vashafaru dove ha ritrovato anche l’amore. In Italia ha lasciato due figli e un ex marito. In Brianza era un’ausiliaria socio assistenziale nelle case di cura. “Accudivo persone disabili e anziane: 1.100 euro al mese. Pochini, se hai una casa e due figli da mantenere”, racconta al “Corriere della Sera”. Come è finita alle Maldive? “Merito di una vacanza con il mio ex marito, esplorando isole che ci rapirono al punto da farci ritornare quattro mesi dopo insieme ai nostri figli: avevo 36 anni e i bimbi piccoli, un maschio e una femmina. Obiettivo: stabilizzarci, aprire una guest house in un atollo a Sud di Malé, la capitale. Fra tutti ero quella meno convinta, e invece… io sono ancora qua, l’unica. Ho l’anima maldiviana”.

Paola Pesce (Foto Instagram)

“Vivo nell’isola di Vashafaru da 12 anni, nel frattempo le guest house si sono moltiplicate”

La nuova vita tra mare, sole e un lavoro presso una guest house per gli affitti: “Ce n’erano appena tre in tutto l’arcipelago – spiega – Inizialmente la pensavamo solo per la nostra famiglia, non ricettiva, una seconda casa dall’altra parte del mondo, ma l’inesistente offerta di affitti per turisti ci ha spinto a entrare nel mercato, proprio a Sud di Malé, in società con un maldiviano. Un’alternativa ai resort di lusso, ‘chiusi’ e che sono una barriera alla conoscenza degli usi e dei costumi locali. Erano ‘fantasmi’, i maldiviani, loro così allegri”. Ora si è spostata nell’isola di Vashafaru: “Sì, da dodici anni. Una delle ultime isole a Nord, nell’atollo di Haa Alif, le Maldive ancora incontaminate e poco turistiche. Quelle che voglio vendere io. Malé era ‘invasa’, troppo commerciale: spiaggia e fauna marina, stop. E l’anima del territorio, la gente? Adoro quando un ospite mi domanda come vivono i locali, che oggi si sforzano a parlare inglese e italiano: si fanno capire, non vogliono essere fantasmi. Nel frattempo le guest house si sono moltiplicate: quota 900, quindi concorrenza”.
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Isola di Vashafaru, Maldive (Foto Instagram)

“A Vashafaru ci sono una moschea, un paio di negozi di alimentari e un bar ma senza alcolici”

La missione di Paola Pesce non è solo vivere in paradiso ma anche vendere relax. “Un paradiso terrestre con poche distrazioni. A Vashafaru ci sono una moschea, un paio di negozi di alimentari e un bar ma senza alcolici: sono musulmani. Se vuoi staccare la spina è l’ideale. Chi arriva qui, all’inizio è un po’ spaesato, ma quando se ne va è il nostro miglior sponsor: passaparola garantito. Non è stato facile ingranare, convincere le persone a prendere un volo interno. E ora quanti ospiti mi invitano a casa loro in Italia. Sono nate amicizie”. E la famiglia italiana? “Il mio ex marito ha resistito poco lontano dall’Italia. Invece i miei due figli hanno frequentato elementari e medie alle Maldive, integrandosi con i coetanei, ma nel 2015, prima delle superiori, sono tornati in Italia per avere nuovi stimoli e sviluppare una mentalità più globale, moderna. Oggi sono poco più che ventenni, vanno all’università e lavorano per mantenersi”.

Paola Pesce (Foto Instagram)

“Ho sposato un maldiviano, un collega. Dodici anni d’amore”

Com’è la società maldiviana? “Quando sono arrivata esistevano ancora i matrimoni combinati, anche tra cugini di primo grado. E guai a corteggiare qualcuna di un altro atollo, di un’altra isola. Nell’ultimo decennio il cambiamento, ora sono più liberi ma continuano a sposarsi molto giovani. Io ho fatto un’eccezione…”. Paola Pesce ha trovato l’amore all Maldive: “Ho sposato un maldiviano, un collega. Dodici anni d’amore, e da uno siamo ufficialmente sposati anche in Italia, dopo una cerimonia officiata nell’ambasciata italiana in Sri Lanka. Alle Maldive c’è solo il consolato. Anche lui, il mio compagno, è un dipendente della guest house, fa escursioni e snorkeling. Ogni tanto si litiga, gli dico che siamo come Sandra e Raimondo”. Quanto si guadagna con un lavoro del genere? “Ho uno stipendio base di 800 dollari, poi ho le provvigioni sul venduto, per esempio le escursioni in barca. Il costo della vita s’è alzato…. Le spese sono la corrente, che va col generatore. I privati non possono installare pannelli solari. E poi Internet: per 180 gigabyte spendo 100 dollari al mese. Caro anche il trasporto in barca, l’unico possibile. Ma anche navigando nell’oro, qui non puoi avere ‘tutto e subito’, siamo all’estremo Nord di un Paese importatore. Se si rompe un elettrodomestico non c’è il negozio fuori casa, ma bisogna ordinarlo e attendere almeno una settimana. Idem con il cibo. Quello made in Italy portato dagli ospiti me lo faccio durare…”.

Paola Pesce con il marito (Foto Instagram)

“Dell’Italia mi manca la cucina, mio padre, i figli e gli amici”

Cosa le manca dell’Italia? “La cucina, mio padre che sta sempre a Lomagna, i figli, gli amici, Monza che è stata la mia città di formazione, dove uscivo. E poi Lecco, Montevecchia, fermarmi in un vero bar e osservare le persone. Ballare. Ci son giorni in cui mi annoio: una passeggiata al porto, un libro. Vivo alla giornata. Ma non sono un’esule, rientro in Italia una volta l’anno, durante il monsone umido tra fine maggio a fine luglio, quando qui c’è vento e pioggia”. Ma anche il cibo. “Il tonno pinna gialla è il re della tavola nonché il prodotto più esportato. Sono due le ricette tipiche: il Garudhiya, brodo di pesce con riso, peperoncino, cipolla cruda e foglie di moringa fritte; e il Mashuni, la colazione a base di tonno in scatola, cipolla tagliata fine, lime e cocco fresco grattugiato. Da accompagnare con il roshi, simile alla piadina”. Ma la vita alle Maldive la soddisfa. “Mi piace portare i visitatori nelle case dei locali, per condividere la cena. Niente posate, come da tradizione: si mangia solo con la mano destra. Una formula che piace. E che consente ai proprietari di guadagnare qualche dollaro, ma soprattutto di farsi conoscere. Altro che resort, è questo lo spirito delle Maldive, semplicità e allegria”, conclude.

Pubblicato il 03/08/2023 18:31

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