Marco Columbro: "Dopo l'ictus nessuno mi ha più chiamato"

Marco Columbro: “Dopo l’ictus nessuno mi ha più chiamato. I reality? Il peggio del peggio”

Germana Bevilacqua

Marco Columbro: “Dopo l’ictus nessuno mi ha più chiamato. I reality? Il peggio del peggio”

| 30/05/2024
Marco Columbro: “Dopo l’ictus nessuno mi ha più chiamato. I reality? Il peggio del peggio”

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Marco Columbro era uno dei conduttori più amati negli anni ’80 e ’90. Insieme a Silvio Berlusconi fu tra i primi a sperimentare con successo la tv del mattino. Poi nel 2001 ha avuto un ictus che ne ha segnato per sempre la carriera. Oggi si è ristabilito completamente e in un’intervista al “Corriere della Sera” ammette di non aver mai capito perché nessuno lo ha più cercato per lavorare. “Ho smesso di farmi domande – dice – Si vede che doveva andare in questo modo. Un anno di assenza mi ha fatto percepire come morto, anche se non lo ero affatto e non lo sono, per fortuna. Però, la gente non dimentica. La gente mi ferma ancora per strada, mi vogliono molto bene e pure questo me lo spiego fino a un certo punto, visto tutto il tempo che è passato. L’affetto di queste persone mi fa capire che ho fatto un buon lavoro”.

“Cosa faccio adesso? Da cinque anni conduco un programma che si chiama ‘Leader‘, sull’emittente Business 24 – racconta – Intervisto imprenditori: nel nostro paese esistono realtà ed eccellenze magnifiche, si producono cose davvero spettacolari. Va in onda sul digitale terrestre”. Dopo l’ictus, per ricominciare a lavorare, ha anche fatto televendite di climatizzatori. “Non lo trovo disdicevole – sottolinea –  Ai tempi di Carosello, tutti i grandi attori giravano pubblicità”.

Marco Columbro (Foto Instagram)

“Con Silvio Berlusconi siamo stati amici fraterni, nei momenti più difficili mi aiutò molto”

“Adesso – continua Marco Columbro – ho un albergo in Val d’Orcia, la Locanda Vesuna. Il nome è quello della divinità etrusca che sovrintende all’agricoltura e alla terra. E a Natale uscirà un mio libro, Il risveglio di Parsifal, frutto di 45 anni di ricerca spirituale contro il dogmatismo e il fideismo. Parto da un concetto semplice, ma essenziale: chi crede non conosce, e chi conosce non ha bisogno di credere. Bisogna essere persone consapevoli e uscire dal gregge. La verità è una ricerca infinita, e io sento il dovere della divulgazione. Ho ancora un pubblico affezionato, ed è giusto che mi rivolga a lui”. Con Silvio Berlusconi c’è stata una grande amicizia.  “Siamo stati amici fraterni – svela –  e ripenso a Silvio con gioia. Nei momenti più difficili mi aiutò molto, ma non è bastato per farmi tornare in onda. Lui aveva ormai altre priorità, la politica specialmente. Ma so che ci provò. E ci sono altre cose che non è opportuno dire”. Nel suo passato, c’è stato spazio anche per il teatro.

“Molti spettacoli di successo – ricorda – tra cui due in particolare: ‘L’anatra all’arancia’, con due anni di repliche, e ‘Tootsie’, dov’ero una donna come Dustin Hoffman nel celebre film. Accadde dopo l’ictus, quando mi accorsi che la malattia aveva influito sulla mia emotività mettendo a nudo quell’eterno femminino di cui parla Freud. Ero pronto alla sfida. Credo sia stata una prova d’attore importante”.
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“Grazie a Silvio nacque ‘Buongiorno Italia’, la Rai chiamò Raffaella Carrà e ci copiò”

Tornando al sodalizio professionale con il Cavaliere, Marco Columbro racconta: “Un giorno, Berlusconi mi convocò e mise una cassetta nel videoregistratore per mostrarmi un programma che andava in onda negli Stati Uniti: ‘Good morning America’. C’erano rubriche di servizio, che so, il medico, il giardinaggio, le ricette, e poi i telegiornali in diretta, cosa che in Italia ancora non esisteva. Silvio era sicuro che sarebbe stato un successo e aveva ragione, come quasi sempre. Così, su Canale 5 nacque ‘Buongiorno Italia’. Arrivavano valanghe di lettere di persone sole, che ci ringraziavano. Ricordo un’anziana signora di Genova che ci mandò anche una torta, scrivendo che ormai eravamo noi la sua famiglia. Cioè, io e la conduttrice Antonella Vianini, che purtroppo ha lasciato il suo corpo e non è più tra noi. Era bellissima, assomigliava a Romy Schneider. C’era un carcerato che la inondava di lettere che iniziavano in modo molto romantico, finché quel tizio sbroccava e le scriveva cosa irripetibili. La povera Antonella scoppiava sempre a piangere”.

Pioniere di un genere televisivo: “Dopo di noi andavano in onda Mike e Corrado, che potevano contare su svariati milioni di telespettatori già in avvio di trasmissione. Corrado, insieme a Raimondo Vianello, è sempre stato il mio punto di riferimento per garbo e gentilezza. Spero, nel mio piccolo, di non averli delusi. La Rai ci copiò. Chiamarono la Carrà, e la misero a far indovinare il numero dei fagioli nel vaso: fu la fortuna di Raffaella, il suo grande ritorno. Ma i pionieri eravamo stati noi a Mediaset”.

Marco Columbro e Lorella Cuccarini (Foto Instagram)

“Lorella Cuccarini è una delle poche persone dello spettacolo a non essersi dimenticate di me dopo la malattia”

Per anni Marco Columbro ha fatto coppia professionalmente con Lorella Cuccarini. “E’ una formidabile professionista e amica vera – svela il conduttore – una delle poche persone dello spettacolo a non essersi dimenticate di me dopo la malattia. La conobbi per lo speciale ‘Una sera ci incontrammo’: era una ballerina biondissima e mingherlina. Il primo giorno mi chiese se sapessi danzare. ‘Sì, in discoteca’, risposi io. E allora Lorella mi spiegò che avremmo dovuto imitare Ginger Rogers e Fred Astaire, mentre sullo schermo sarebbero passate immagini delle due coppie, allo specchio. Ovviamente rifiutai, e lei come se niente fosse mi fece lavorare otto ore al giorno, da autentica donna bionica qual è. Tornavo a casa a pezzi, non c’era una parte del corpo che non mi dolesse. Però, sia come sia, alla fine quel balletto lo facemmo e venne benissimo. Tra me e Lorella c’è sempre stata un’intesa perfetta”.

Marco Columbro e Lorella Cuccarini (Foto Instagram)

“Non guardo la tv, solo Netflix perché amo film e documentari”

Dopo tanti anni di assenza dalla televisione resta un bel ricordo. “L’amarezza è un sentimento che non conosco – confessa Marco Columbro – ho fatto cose belle, e ho cercato di farle nel miglior modo possibile. Il pubblico lo sa, io avverto ancora la sua energia e la sua vicinanza. Spero che il mio modo di pormi sia stato apprezzato, ma a occhio direi di sì. Ho sempre cercato di presentarmi con gentile ironia, qualcosa che forse oggi un po’ manca. C’è un generale appiattimento, e noto troppa aggressività in giro”. “Se guardo la Tv? No, Solo Netflix, perché amo film e documentari – continua – Invece la televisione generalista mi annoia, è falsa, compresi i telegiornali: tutti di parte, raccontano la realtà come fa comodo, non solo alla politica. Di questi tempi, poi… Per non parlare della tivù del dolore: quella è davvero terribile, perché sfrutta la sofferenza della gente. Quella di cui si parla, ma anche quella che guarda, da casa”. “La politica non mi interessa – aggiunge -. Sempre gli stessi ospiti a rotazione, in tutte le reti. Opinionisti del nulla, non di rado tracotanti. Sembra che oggi, in tivù, si sappia soltanto litigare. E stendiamo un pietoso velo sui reality, il peggio del peggio”.

Marco Columbro parla dell’aldilà e dice di credere nella reincarnazione. “Lo spirito abita il corpo come noi portiamo un cappotto o saliamo in auto – spiega – Quando l’auto e il cappotto sono vecchi, li abbandoniamo, però noi ci siamo ancora. Lo spirito è immortale e si reincarna di continuo, questo mi ha insegnato un’intera vita di ricerca spirituale. Io stesso, aiutato da un maestro di meditazione, so di essere stato in qualche mia vita precedente un Templare, un monaco benedettino e un medico. Per fortuna, delle nostre reincarnazioni non abbiamo memoria, sarebbe troppo doloroso”.

Marco Columbro (Foto Instagram)

“Vorrei realizzare una serie sulla costruzione dell’essere umano nel passaggio dall’homo erectus al sapiens”

Tornando al teatro, Marco Columbro ricorda che fu Dario Fo a insegnargli come stare in scena: “Lo avevo conosciuto perché avevo fatto qualcosa in Rai con Franca Rame, e Dario stava preparando l’Histoire du soldat di Stravinskij, per la Scala. Il teatro resta il mio grande amore, senza offesa per la televisione. Arrivai a Milano dalla Toscana nel 1974 e cominciai a esibirmi al cabaret Refettorio, che era il concorrente del Derby. E poi facevo teatro itinerante per ragazzi: si giravano le piazze, e dopo gli spettacoli si rimaneva a chiacchierare con il pubblico, quasi sempre studenti. Era molto bello, e c’era il vantaggio che poi non si doveva dare una mano a sbaraccare… Ricordo che, per economia, gli attori interpretavano più personaggi. In una versione di Giulietta e Romeo, io ero sia Mercuzio sia un frate. Una sera entrai in scena tutto intabarrato, con il cappuccio del saio ben calato sul viso, quando dal pubblico si alzò una voce: “Ma quello è Mercuzio!” Mi avevano sgamato”.

“Cosa vedo nel mio futuro? Ho almeno due sogni ancora da realizzare, uno per il teatro e l’altro per la televisione. Dunque, mi piacerebbe portare in scena ‘La pantera rosa’, penso che sarei un ottimo ispettore Clouseau. Per quanto riguarda tivù, invece, vorrei realizzare una serie dal titolo ‘Io chi sono?’, sulla costruzione dell’essere umano nel passaggio dall’homo erectus al sapiens. Si tratterebbe di una fiction, abbiamo già scritto il soggetto e lo stiamo presentando ai potenziali produttori. Siccome è una cosa piuttosto complessa e impegnativa, occorrerà una produzione internazionale. Speriamo”, conclude.

Pubblicato il 30/05/2024 09:34

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