Marco Baldini fa dietrofront. “Non sono mai stato un giocatore compulsivo”, dice nell’ultima puntata del podcast “One More Time”. Lo speaker radiofonico, dunque, smentisce se stesso. Per anni, infatti, ha addossato la colpa del suo tracollo finanziario al vizio del gioco. Adesso racconta un’altra verità. Il suo “più grande errore”, confessa, è stato credere che “più soldi hai, più bravo sei”. Se ne convince al suo arrivo a Milano tanti anni orsono.
“Ecco perchè mi sono inventato la storia del gioco d’azzardo”
“Comincio a guadagnare cifre esorbitanti grazie ad alcune persone che mi propongo degli affari immobiliari sicuri e legali – confessa – La prima volta investo 100 milioni e me ne entrano 140 in poco tempo e va avanti così per circa due anni. Un giorno mi dicono che hanno bisogno di investire una cifra più importante per realizzare un complesso immobiliare di case di lusso, io mi consulto con il mio avvocato/commercialista e faccio all-in…. Punto tutto, quasi due miliardi di lire e poco dopo vengo a sapere che queste persone sono state arrestate, perché riciclavano denaro della malavita. Avevo perso tutto e a quel punto mi sono inventato la storia del gioco d’azzardo per giustificare agli inquirenti quelle ingenti entrate e uscite di denaro dal mio conto”.
“Tutto quello che mi è successo è colpa mia, è partito tutto da un errore”
“La metà delle persone dirà ‘noooo’ e l’altra metà dirà ‘sta raccontando delle cagate’ – aggiunge – Non sono mai stato un vizioso, non sono mai stato un giocatore compulsivo, o comunque non sono nato così, ho dovuto dimostrare di esserlo per difendermi da cose molto più gravi, è successo tutto nel 1995, avevo 35-36 anni e ho convinto tutti che mi ero ridotto così a causa del gioco, ma è stata una copertura per non incorrere in guai peggiori, non sono cose che si possono ancora raccontare, tutto quello che mi è successo è colpa mia, è partito tutto da un errore…”.
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La volta in cui ha rischiato di essere ucciso
Marco Baldini racconta di aver rischiato di essere ucciso in un’occasione: “In quel periodo stavo dando il 20 per cento al mese e avevo un miliardo di debiti e quel mese dovevo trovare 200 milioni che non avevo… Un giorno un tabaccaio vicino a casa mia mi dice che ha 2 miliardi di marche da bollo rubate e che se riesco a piazzarle, mi becco il 30%. Ero dentro la malavita, così contatto la persona più importante, ma anche la più pericolosa di Milano e gli propongo l’affare, ma poi viene fuori che le marche da bollo sono false, così mi portano in un campo e mi dicono di scavare una buca, mi ci avrebbero buttato dentro, perché gli avevo mancato di rispetto, pensavano che li avessi fregati. All’improvviso, mentre ero lì che scavavo, ho avuto come una rivelazione, sono uscito dal corpo e mi sono visto dall’alto, ho sentito una calma improvvisa e naturale… Alla fine sono riuscito a convincerli che ero in buona fede e che ero stato truffato anche io”.