Esce oggi il libro autobiografico di Luciano Spalletti dal titolo “Il Paradiso esiste… ma quanta fatica” scritto con Giancarlo Dotto ed edito da Rizzoli. Il “Corriere della Sera” e “La Repubblica” forniscono alcune anticipazioni. Per la prima volta il ct della Nazionale italiana di calcio prova a fare chiarezza sui suoi rapporti tempestosi all’epoca dello scudetto con il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis. Nel libro spunta anche un capitolo dedicato a Francesco Totti e al loro rapporto all’epoca in cui allenava a Roma. Luciano Spalletti ha lasciato il Napoli subito dopo la storica vittoria del terzo scudetto in contrasto con il presidente. Nel libro spiega: “Sono andato via perché non avevo più la voglia di sostenere questo continuo conflitto caratteriale con un imprenditore capace, a cui la città deve tanto, ma con un ego molto, forse troppo grande. Aurelio De Laurentiis”. Poi rivela: “Il presidente era quello che metteva la ceralacca sulle cose, su tutto, che certificava se una scelta era giusta o meno. Ero stanco di fare battaglie per ogni questione. Che fosse dare una maglia ai giocatori che la chiedevano per i loro figli o il dover cambiare gli alberghi di continuo per i motivi più disparati. Anche in questo, il Sultano sapeva sorprenderci”.

Luciano Spalletti nel suo libro: “Ho giocato due partite: quella con gli avversari e l’altra con il presidente”
Tra gli episodi più significativi raccontati da Luciano Spalletti ce n’è uno che riguarda un cambio di hotel. “Il nostro albergo abituale era in corso Vittorio Emanuele – scrive -. Arriva la Juventus e ci viene comunicato che dobbiamo cambiare ‘casa’. Uno sfratto esecutivo. Noi veniamo dirottati in un altro hotel in centro, scomodo per lo spostamento verso lo stadio, con i naturali dubbi che una mossa del genere può far nascere nei calciatori. Tipo quello che sulle nostre abitudini comandino gli avversari”. Un rapporto conflittuale e faticoso: “In tutta la mia storia a Napoli, ho giocato due partite contemporanee: quella con gli avversari e l’altra con il presidente”. Ma a lasciare più il segno è stato il comportamento di Aurelio De Laurentis dopo la vittoria dello scudetto: “Fu un silenzio che fece rumore. Il più grande sacrificio per uno come lui, intrattenitore e uomo di spettacolo che ama occupare il centro della scena. Il Napoli stava marciando alla grande, giocava un calcio bellissimo e riconosciuto nel mondo, tutto filava alla perfezione e lui, uomo arguto come pochi, capì in fretta che tanta bellezza avrebbe trascinato altrettanta economia”.

“La sera della vittoria della scudetto, il presidente non telefonò a nessuno”
Il ct rivela circostanze inedite del periodo post scudetto: “L’eccesso di riservatezza lo indusse a non farsi vivo nemmeno con una telefonata per condividere se non altro l’impresa, mentre la città intera impazziva di gioia”. “Non telefonò la sera che vincemmo il campionato. Né all’allenatore, né ai giocatori, né al direttore, né al team manager. Non telefonò a nessuno. Troppo impegnato a giocare la sua partita personale sul prato festante del Maradona. Tutte quelle sterzate nel giro di campo in solitaria lo avevano distrutto. Telefonò il giorno dopo, perché aveva programmato di farci atterrare all’aeroporto militare di Grazzanise anziché a Capodichino. E in questa telefonata ci chiese, da uomo educato qual è, com’era andato il viaggio”, racconta ancora. La rottura tra Luciano Spalletti e Aurelio De Laurentis arriva al momento del rinnovo del contratto: “Esauriti in una riga e mezzo i formali complimenti per lo scudetto, mi sottoponeva la necessità di attenermi al contratto, rispettando il suo prolungamento automatico per un altro anno. C’era un’opzione che gli riconosceva il diritto unilaterale di avvalersene. Lui, alla firma del contratto, si era fissato che voleva fare due anni più due di opzione”.
“Se ci fosse stato più rispetto umano, più dialogo e più apertura su cosa ci volesse per rivincere, alla fine sarei rimasto – afferma – In ogni caso, lo ringrazierò sempre per avermi permesso di allenare il Napoli”.
LEGGI ANCHE: “Totti, la “spallata” di Spalletti sulla miniserie “Speravo de morì prima”

“Francesco per me sarà sempre come un figlio, la sua ex moglie non sarà mai come una nuora”
Un capitolo del libro Luciano Spalletti è dedicato al rapporto con il capitano della Roma Francesco Totti all’epoca in cui il ct allenava la squadra giallorossa. “Il nostro è stato uno scontro non fra due persone (personalizzarlo è stato, forse, un errore nostro, e soprattutto una perversione dei giornali) – scrive -. Ma fra due prospettive opposte. Io dovevo pensare al bene della squadra. Lui, come tanti altri campioni prima e dopo di lui, non riusciva ad accettare che fosse messa la parola fine a quella storia grandiosa”. Dal punto di vista umano però il ct della Nazionale non ha dubbi: “Francesco per me sarà sempre come un figlio, allo stesso tempo la sua ex moglie non sarà mai per me come una nuora. Quando lei mi offese gratuitamente presi ancora più consapevolezza di quanto fossi un uomo fortunato ad avere al mio fianco una compagna molto intelligente, che mai mi ha messo in imbarazzo intromettendosi con così tanta arroganza e maleducazione nel mio lavoro”.
“Può capitare, nel corso di una vita, di essere un piccolo uomo o una piccola donna. Certamente lo è stata lei quando si è permessa di rivolgersi a me in quel modo”, conclude. Stasera Luciano Spalletti parlerà del suo libro con Bruno Vespa nel programma “Cinque Minuti”.