Aldo Grasso stronca “Il Gattopardo”, la miniserie firmata da Netflix con protagonista Kim Rossi Stuart nei panni di Don Fabrizio, principe di Salina. La serie-kolossal non ha entusiasmato il critico televisivo che ha espresso il suo giudizio impietoso sulle pagine del “Corriere della Sera”. “Il paragone con il film di Luchino Visconti (che all’uscita, 1963, suscitò non poche polemiche ideologiche per il ‘tradimento del realismo critico’) è inevitabile – sottolinea – soprattutto è impietoso il confronto con quel cast e quell’eleganza che Visconti, da superbo decoratore, sapeva trasfondere nelle sue opere. Dunque, dimenticare Visconti, dimenticare Burt Lancaster, dimenticare Alain Delon e Claudia Cardinale. Solo così si può affrontare questa miniserie in sei puntate”.

Aldo Grasso demolisce “Il Gattopardo” di Netflix: “Ricorda ‘I leoni di Sicilia’”
“Non so se esista un ‘canone Netflix’ elaborato da qualche algoritmo, non so se, più semplicemente, ci sia solo una grande attenzione per il mercato internazionale, ma questo ‘Gattopardo’ assomiglia, nel tono e nel linguaggio, ad altre serie come ‘La regina Carlotta’, ‘L’imperatrice’, ‘Gli ultimi zar’, persino ‘Bridgerton’ – rileva Aldo Grasso – Forse, più di tutti, ricorda ‘I leoni di Sicilia’. È evidente che l’intento non è quello di raccontare un episodio della storia d’Italia, lo sbarco in Sicilia dei garibaldini, il conflitto fra i grandi latifondisti siciliani e gli ideali rivoluzionari, quanto quello di entrare nelle dinamiche familiari di una società al tramonto”.
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“Il personaggio più interessante è Concetta, figlia di Don Fabrizio”
Il critico tv passa in rassegna personaggi e interpreti: “Fatti salvi il fascino di Kim Rossi Stuart e la forte caratterizzazione di Don Calogero Sedara, sindaco di Donnafugata (Francesco Colella), il contadino scaltro e infido che si arricchisce con lo strozzinaggio (è il più attuale di tutti), il personaggio più interessante è Concetta, figlia di Don Fabrizio (Benedetta Porcaroli). Figura marginale nel romanzo (la cugina ingenua abbandonata da Tancredi), diventa qui il perno del racconto, l’occhio che ci permette di penetrare nel pessimismo ancestrale del Gattopardo e nel fasto sbrecciato di quella nobiltà in declino. Molto deludente l’interpretazione di Deva Cassel nella parte di un’Angelica priva di incanto e poi, tanto per gradire, quando s’avanza il principe di Salina non si può dire ‘Fate passare il Gattopardo’!”.

Fulvio Abbate: “Kim Rossi Stuart sembra un assessore provinciale di Partinico”
A recensire “Il Gattopardo” di Netflix è anche lo scrittore palermitano Fulvio Abbate in un’intervista rilasciata a “MowMag”. “Kim Rossi Stuart, se ho capito bene, ha detto in un’intervista di non avere mai né visto il film di Visconti né letto il romanzo di Lampedusa. Molti quindi guarderanno la serie come si guarda una soap. Detto questo, Kim Rossi Stuart, piuttosto che un aristocratico del 1860, ha la postura di un assessore provinciale del Partito Socialista democratico, metti, di Partinico. Questa la mia prima sensazione”. “Credo che la produzione punti molto sul potenziale erotico di Benedetta Porcaroli – continua – A differenza della Concetta del film di Visconti, occhi bassi e divorata dal pudore, qui le è stata data un’aria più educata, ma al tempo stesso vogliosa. Tuttavia, tutto questo viene poi spazzato via dall’irruzione di Angelica. Sul piano visivo e sensuale, la Porcaroli con il suo volto da ragazza della Camilluccia non ha nulla di siciliano. Mostra semmai Roma Nord: Fleming, Vigna Clara, Camilluccia”. “Saul Nanni più che da Tancredi Falconeri ha semmai la faccia di chi potrebbe benissimo fare parte de Le Iene – aggiunge – sembra proprio uno di loro, te lo immagini in blazer nero Armani. Ma dobbiamo tenere presente che il nuovo pubblico potrebbe ignorare il precedente di Alain Delon. Dunque molte ragazze, guardandolo, probabilmente diranno: ci uscirei (…) A ben vedere, tutti i personaggi sono stati sessualizzati, evidentemente per esigenze sempre di tipo spettacolari”.
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“E’ un’ operazione oleografica, come spesso accade quando si sceglie la Sicilia come fondale”
Un capitolo a parte merita Deva Cassel, figlia di Monica Bellucci e Vincent Cassel. “La […] presenza scenica di Deva Cassel è del tutto mignon rispetto alla sontuosità sia somatica sia espressiva di Claudia Cardinale – sentenzia Fulvio Abbate – Non possiede nulla dell’eros siciliano che sprigionava Claudia, padre di Isola delle Femmine e madre trapanese, sebbene nata a La Goulette, in Tunisia. Diciamo che Deva Cassel sembra sempre sul punto di dire J’adore! come in una pubblicità glamour di profumi. Ecco, ha la presenza di una modella. Non possiede i tratti sinfonici che aveva la Cardinale. In più è un po’ monocorde, un po’ inespressiva e mi fermo qui perché potrei essere anche molto più polemico per questa scelta. Ma qui prevalgono ovviamente logiche di produzione”.” Secondo lo scrittore siculo, “Il Gattopardo” di Netflix può avere solo “un successo turistico”. “La Sicilia ha un posto di primo piano nell’immaginario collettivo mediterraneo – argomenta – Palermo è per definizione un luogo mitopoietico. Per questo penso che la serie possa avere un suo pubblico, perché è destinata a un’audience molto ampia. on si tratta di bocciarla o promuoverla. Si tratta di riconoscere che è un’operazione oleografica, come sovente accade quando si sceglie la Sicilia come fondale”.