Achille Occhetto, ultimo segretario del Partito Comunista e primo del PD, ha voluto ricordare il figlio Malcolm, nel corso di un’intervista rilasciata a “Sette”, il settimanale del “Corriere della Sera”. L’ex segretario del PC racconta di un dolore indicibile del quale solo adesso riesce a parlare. Malcolm Occhetto aveva 52 anni ed è morto nel sonno lo scorso 23 ottobre. “Sono rimasto colpito dal cordoglio generale ricevuto, vuol dire che è un dolore universale che unisce tutti”, ha detto. E poi ha ripercorso gli ultimi giorni di vita del figlio: “Era volato da suo fratello. Dopo aver abbandonato il cinema, con tanti anni passati negli Usa, si era messo a studiare ingegneria. E aveva deciso di andare a cercare un nuovo lavoro alle Canarie. Là c’era già suo fratello Massimiliano, che con la sua compagna ha aperto una libreria che sta avendo successo. Malcolm era partito il giorno prima delle elezioni. È l’ultima volta che l’ho visto”, ha raccontato. Poi la tragica notizia che Occhetto ha condiviso sui social network con una foto e un breve scritto, ricevendo innumerevoli messaggi di affetto.
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Achille Occhetto: “La mia memoria tiene in vita il mio Malcolm”
Achille Occhetto teme la morte? “Più della morte temo la malattia invalidante, e uno Stato che mi impedisce di decidere della mia vita”. E aggiunge: “La morte di cui ho sempre avuto paura è quella di un figlio. Purtroppo l’ho incontrata e mi ha detto: ‘Non è vero, quanto dicono gli antichi, che quando ci sei tu non ci sono io e quando ci sono io non ci sei più tu. Eccomi, sono qui davanti a te’”. Chi era Malcolm? Occhetto ne parla così: “Per fortuna c’è ancora la mia memoria che tiene il mio Malcolm in vita. La sua gentilezza, la sua vitalità, le cavalcate su onde da paura che ci hanno fatto solcare i mari del nostro Mediterraneo, il suo starmi vicino, sempre un po’ più a sinistra ma con rispetto. E poi i suoi furori, in cui ribolliva la parte di sangue somalo, contro il razzismo, ma anche contro ogni forma di razzismo alla rovescia. E tante altre cose ancora”.
Qual è il vero motivo della crisi del PD?
Impossibile non parlare di politica. “La crisi del Pd – dice – si inscrive in quella di gran parte del socialismo europeo: subalternità al neoliberismo sul piano economico e il rifugiarsi esclusivamente dietro i diritti civili, abbandonando la centralità del mondo del lavoro e dei lavori”. Chi vincerà le primarie del Pd? “Non lo so, ma una cosa è certa: Schlein, indipendentemente da una sua vittoria, mi sembra che stia iniziando a cambiare la base e potrebbe portare forze nuove, spalancare le porte e dimostrare di essere davvero contro le consorterie, dal momento che vuole ribaltare, come dice, la piramide. È un valore aggiunto”.