Domenica 10 dicembre, a poco meno di una settimana dai funerali della figlia Giulia, Gino Cecchettin sarà ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”. La scelta di apparire in tv arriva a pochi giorni dall’annuncio dell’uomo di volersi prendere una pausa dal lavoro per riflettere meglio sulla possibilità di “un impegno civico”. Gino Cecchettin non ha solo estimatori ma anche persone che lo attaccano ferocemente. A dire la sua sul tema è stata nelle scorse ore anche Selvaggia Lucarelli.
“Ha avuto la malsana idea di tradire una sorta di promessa iniziale”
“Assisto con sconcerto a una parabola che non avevo previsto, e cioè alla malsana idea del padre di Giulia Cecchettin, Gino, di tradire una sorta di promessa iniziale, e cioè di non trasformarsi nel volto di una storia ma di offrire un megafono alla voce di tutte le storie – ha esordito in un lungo articolo pubblicato sul “Fatto Quotidiano” – Perché era di questo che ci aveva convinte, all’inizio. Lui e sua figlia Elena avevano scelto di non usare i microfoni voraci delle prime ore per ringhiare e giurare vendetta, ma per parlare di un tema politico e universale. Per parlare di patriarcato. E non hanno usato quel microfono neppure per puntare il dito sul mostro e accusare la famiglia del mostro di qualche imprecisata complicità. Virtù rara, soprattutto quando si ha a che fare con le lusinghe della cronaca nera, quella che con i parenti rabbiosi costruisce puntate e un’opinione pubblica altrettanto rabbiosa”.
“Non ho mai creduto che la morte di Giulia sia stata frutto della cultura patriarcale”
“Ora che un po’ di tempo è passato e tante cose preziose sono state dette, posso confessare che non ho mai creduto che la morte di Giulia Cecchettin sia stata un frutto purissimo della cultura patriarcale – ha svelato la scrittrice – Ci sono tante sfumature in questa vicenda, c’è un ragazzo di 22 anni che senza Giulia si era avvitato in una spirale di morbosità e depressione, c’era un disagio psicologico che lo aveva convinto a rivolgersi a una specialista, c’era la fragilità identitaria di chi – giovanissimo – sente di non saper gestire il panico dell’abbandono, di non valere nulla senza una fidanzata e prova rancore per l’altra che ha una colpa imperdonabile: anziché sentirsi monca, prosegue dritta per la strada dell’autodeterminazione (…) Poi, certo, tutto questo galleggia da sempre in una società inquinata da secoli di patriarcato, in cui l’uomo – talvolta – vive il rifiuto con un senso di sconfitta intollerabile, ma è evidente che visto il contesto culturale e la giovane età dell’assassino qui il patriarcato c’entri in parte”.
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“Giorno dopo giorno, il volto simbolico di Giulia Cecchettin è diventato sempre meno simbolico”
“La mia sensazione è stata però, fin da subito, che la famiglia di Giulia stesse assolvendo a una funzione – ha proseguito Selvaggia Lucarelli – Non importava che non fosse perfettamente a fuoco ogni singola sfumatura di questa vicenda, importava che le vittime collaterali di un fatto di cronaca così drammatico non si lasciassero fagocitare dallo sciacallaggio populista della cronaca nera, che parlassero di femminicidio come di un fenomeno, e non come di qualcosa che riguardava solo loro. Importava che accendessero una luce. Poi, giorno dopo giorno, l’universale ha iniziato a rimpicciolirsi, a comprimersi come la materia di un buco nero e la storia di tante è diventata sempre più la storia di una, il volto simbolico di Giulia Cecchettin è diventato sempre meno simbolico, la vicenda è diventata sempre più cronaca e sempre meno fenomeno (…) A questo punto bisognerebbe aprire un’altra parentesi, quella che riguarda l’estetica delle donne morte, sui giornali. Più sei giovane, più sei bella, più hai un’aria angelica come Giulia e più la tua morte sarà rilevante, più farà vendere i giornali e accendere la tv”.
“Cecchettin ha aperto la porta della camera della figlia a Veltroni e ai fotografi”
Tornando a Gino Cecchettin, “il frullatore mediatico – dispiace dirlo – sta lentamente frullando anche lui, la sua famiglia. La sua voce era diventata piazza, cortei, spazi su giornali e tv dedicati al patriarcato mai visti prima. Ed era giusto così, che quel suo megafono fosse diventato microfono per tante voci autorevoli, soprattutto femminili, che in questi anni si sono dedicate a temi scomodi, spesso considerati futili o pretestuosi. Voci di chi ha studiato il patriarcato, perché per parlare di questi temi, non perdendo autorevolezza e senza lasciarsi cogliere impreparati da chi non aspetta altro, serve cultura. E invece sono iniziate le lusinghe di tv, giornali, giornalisti. Cecchettin ha aperto la porta della camera della figlia a Veltroni e ai fotografi, poi sono arrivati gli audio di Giulia a Chi l’ha visto?, poi gli screen dei messaggi di Turetta alla sorella, poi la nonna di Giulia promuove un suo libro che ‘Giulia stava leggendo’, poi Gino Cecchettin che ‘Mi prendo una pausa dal lavoro, sto pensando a un impegno civico’ con tanto di annuncio pubblico ai colleghi su Linkedin. Infine, la notizia della sua presenza da Fabio Fazio”.
“Sono spuntati dei recenti tweet di Cecchettin a sfondo sessuale non proprio edificanti”
“Ovviamente, siccome lo storytelling classico prevede che non appena decidi di infilarti in questo genere di frullatore qualcuno vada a caccia dei tuoi scheletri nell’armadio – ha evidenziato la penna del “Fatto Quotidiano” – sono spuntati dei recenti tweet di Cecchettin a sfondo sessuale non proprio edificanti e c’è da scommettere che l’operazione di character assassination sia solo agli inizi. E così, la sensazione è che un uomo armato delle migliori intenzioni sia finito nell’elica del frullatore mediatico e, ancor peggio, politico. E che la politica e la tv, ancora una volta, cerchino di appropriarsi di facce e storie, anziché del valore pedagogico che quelle facce e quelle storie dovevano rappresentare”.