Coronavirus, parla la Iena contagiata: "Io ancora positivo dopo 30 giorni" - Perizona Magazine

Coronavirus, parla la Iena contagiata: “Io ancora positivo dopo 30 giorni”

Daniela Vitello

Coronavirus, parla la Iena contagiata: “Io ancora positivo dopo 30 giorni”

| 06/04/2020

“Le Iene” torneranno in onda il prossimo 23 aprile dopo oltre un mese di sospensione. Com’è noto, un componente della […]

“Le Iene” torneranno in onda il prossimo 23 aprile dopo oltre un mese di sospensione. Com’è noto, un componente della redazione del programma di Italia 1 ha contratto il coronavirus e per precauzione tutti quelli lavorano alla trasmissione hanno osservato un periodo di isolamento.

Ieri la Iena contagiata è uscita allo scoperto ma per un motivo ben preciso. Si tratta del giornalista Alessandro Politi che ha raccontato la sua esperienza in un video pubblicato sul sito de “Le Iene” ponendo alcune domande per capire come mai, a 30 giorni dalla manifestazione dei primi sintomi del Covid-19, risulti ancora positivo.

“Come sapete alle Iene ci siamo fermati perché uno di noi è risultato positivo al coronavirus. Quella persona sono io e ho deciso di raccontarvelo solo adesso perché, nonostante non abbia più sintomi da ormai 28 giorni, ad oggi rimango ancora pienamente positivo”, esordisce nella clip.

Politi torna indietro con la memoria a quando ha accusato i primi sintomi: “Il 7 marzo mi sveglio con circa 38,5 di febbre, un forte mal di testa e mal di gola. Dopo svariate insistenze, riesco a farmi fare il tampone perché facendo il giornalista sono a contatto con centinaia di persone ogni giorno. Infatti, risulto positivo. Torno a casa, la febbre si alza un po’, prendo una tachipirina e mi passa completamente. L’indomani mattina, mi sveglio con 37,3. Il terzo giorno sto già bene. Sintomi spariti! Attendo 15 giorni e mi viene fatto il secondo tampone di controllo per verificare se mi sono negativizzato oppure no. Risulto ancora positivo. Il 3 aprile faccio il terzo tampone, a quasi un mese dal primo, e risulto ancora pienamente positivo”.

Il giornalista de “Le Iene” si chiede se, considerata la sua esperienza personale, siano davvero sufficienti quindici giorni di isolamento dalla fine dei sintomi per poter tornare a uscire di casa: “La domanda è questa: perché secondo le direttive dell’OMS, applicate poi dalle varie Regioni, una persona che ha avuto i miei stessi sintomi, che però non ha potuto fare questo benedettissimo tampone, una volta spariti i sintomi può tranquillamente uscire di casa dopo 15 giorni? Io ho insistito e fortunatamente sono riuscito a scoprire di essere positivo. Ma conosco tantissime persone che hanno avuto i miei stessi sintomi e alle quali il tampone non è stato mai fatto. Sulla base di cosa queste persone sono considerate non contagiose e quindi possono uscire a fare la spesa, possono andare in farmacia o addirittura possono tornare a lavorare? Non è che forse queste persone sono ancora positive, esattamente come me? Non è che forse queste linee guida andrebbero riadattate? Non è che forse il contagio tarda a fermarsi anche per questo? Non è che forse sarebbe ora di fare a tutti questi benedetti tamponi?”.

Per quanto riguarda il suo caso, spiega, “i medici hanno ipotizzato che potrei aver preso una carica virale più aggressiva. Il mio corpo fortunatamente la sta gestendo bene ma ci vuole più tempo per debellarla”.

Ieri sera a “Live – Non è la D’Urso”, Francesco Broccolo – virologo dell’Università Bicocca di Milano – si è così espresso sul caso di Alessandro Politi: “Ci sono in medicina i casi che fanno eccezione. La quarantena non ha nulla a che vedere con i 40 giorni della peste. Però effettivamente 14-15 giorni sembrano veramente essere stretti. Ecco perché si fanno i due tamponi, a distanza di almeno 48 ore. Il secondo tampone non garantisce la negatività. Quindi probabilmente ci sono dei punti critici in questo protocollo. Il test complementare sierologico degli anticorpi è molto utile in questo caso in famiglia perché il paziente dimesso dall’ospedale ma anche dall’isolamento a casa nella sua stanza tornerebbe con più tranquillità nel nucleo familiare se sapesse che i suoi familiari hanno gli anticorpi contro il coronavirus”.

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