Lidia Vivoli, a "Le Iene" la storia della palermitana massacrata per "amore" - Perizona Magazine

Lidia Vivoli, a “Le Iene” la storia della palermitana massacrata per “amore”

Daniela Vitello

Lidia Vivoli, a “Le Iene” la storia della palermitana massacrata per “amore”

| 26/03/2018

“Chi mi proteggerà?”. E’ la domanda che tormenta le 20mila donne che ogni anno denunciano le violenze subite da un […]

“Chi mi proteggerà?”. E’ la domanda che tormenta le 20mila donne che ogni anno denunciano le violenze subite da un uomo. E’ una paura più che comprensibile dal momento che il 70% delle donne uccise aveva già denunciato il proprio carnefice. “Le Iene” raccolgono la testimonianza di Lidia Vivoli ridotta in sin di vita dal suo ex compagno. La donna, originaria di Palermo, più che una vittima si definisce una “sopravvissuta”. Il suo aggressore potrebbe presto uscire dal carcere e Lidia vive con il terrore di una sua vendetta. “Mi ucciderà”, dice.

Lidia incontra il suo carnefice, Isidoro, dopo una delusione d’amore: il marito l’ha appena lasciata e lei è caduta in depressione. “Era una persona allegrissima e poi si sa, quando un uomo fa ridere una donna, ha già una marcia in più”, ricorda. Dopo due mesi, Lidia cede alla corte di Isidoro: “Era una storia bella, mi portava in barca a vedere i delfini”. Dopo pochi mesi, l’idillio si spezza. “Non mi lasciava libera in nessun momento della giornata – racconta – mi accompagnava ovunque, dall’estetista, dalla parrucchiera, alla riunione sindacale. Controllava i cellulari, il computer. Io ho sottovalutato tutti questi indizi”.

Un giorno, Lidia si rifiuta di mostrargli il cellulare. In quell’occasione, Isidoro la picchia per la prima volta. Lidia è spiazzata, non si sarebbe mai immaginata una simile reazione e cerca rifugio in ospedale. Trattandosi di una prognosi irrisoria, non segue alcuna denuncia. Lidia molla Isidoro che però non ha alcuna intenzione di lasciarla in pace e inizia a recitare la parte della vittima. “Mi tempestava di chiamate – spiega – Se non rispondevo, il telefono non smetteva di squillare. Mi chiedeva perdono, diceva che senza di me non poteva vivere, che mi amava. Tutte frasi che servono a far crollare una donna fragile”. Dopo qualche mese, Isidoro riesce a riconquistare la fiducia di Lidia. “Più che innamorata ero succube della sua personalità – dice oggi – ma anche del fatto che lui mi faceva credere di proteggermi. Si occupava di me. Mi faceva sentire bene”.

La tregua viene interrotta da un banale litigio che fa tornare a galla la vera natura di Isidoro. “Mi picchiò di nuovo, mentre scendevo le scale mi diede un pugno sulla nuca – ricorda Lidia – Io finsi di svenire sperando che si calmasse, invece continuò. Quindi mi sono alzata, ho reagito e l’ho mandato via”. Anche in quel caso, Lidia non sporge denuncia. “Mi vergognavo, era come se io gli avessi permesso di arrivare a tanto – spiega – Lui mi faceva sentire in colpa perchè era il mio atteggiamento che lo portava ad essere talmente geloso da fargli fare delle azioni che lui in vita sua non aveva mai fatto”.

Completamente soggiogata sia psicologicamente che fisicamente, Lidia è incapace di reagire. Segue una nuova violenza che le provoca lo sfondamento del timpano e la frattura di tre costole. Lidia dice al medico del pronto soccorso di essere caduta dalle scale e lascia Isidoro. Poco dopo, però, lui riesce ad illuderla nuovamente. “Mi ha chiesto perdono davanti alla Madonna di Tindari – racconta – ha giurato sui suoi figli che non mi avrebbe più picchiata. E’ stata una bellissima giornata, mi ha fatto ridere come i vecchi tempi”.

Tornati dal Santuario di Tindari, Isidoro resta a dormire a casa di lei. Lidia è serena e si addormenta abbracciata a lui. Ad un certo punto Isidoro si alza per andare in bagno. Poco dopo, inaspettatamente, inizia a colpirla in testa con un’enorme padella di ghisa. La forza dei colpi è tale che l’aggressore resta con il manico in mano. Quindi afferra le forbici e gliele conficca sulla schiena. “Aveva gli occhi completamente usciti di fuori – dice la vittima – Un fendente mi ha aperto il coccige, un altro l’arcata sopraccigliare fino allo zigomo. Poi ha cercato di soffocarmi con il filo dell’abatjour. Quindi mi ha preso per i capelli e mi ha sbattuto la testa contro il ferro battuto del letto e contro il comodino. Non riuscivo più a stare in piedi. Mentro ero a terra, si è seduto sul mio petto e ha cominciato a darmi pugni in faccia. In quel momento ho smesso di sentire dolore e mi sono preoccupata perchè quando smetti di sentire dolore è perchè te ne stai andando. Poi ha preso le forbici e me le ha piantate nel basso ventre. Ho colpito le forbici con la mano destra e così facendo si sono tolte dall’addome e mi hanno squarciato la coscia”.

Quest’ultimo gesto spiazza Isidoro e Lidia ne approfitta: afferra le parti intime del suo compagno, lui si blocca e dopo uno scambio di battute si alza e se ne va lasciandola in una pozza di sangue. Prima di svenire, Lidia riesce a chiamare l’ambulanza. Isidoro viene condannato a 9 anni per tentato omicidio e sequestro di persona. “In realtà lui ha fatto 5 mesi di carcere – precisa Lidia – poi poco più di un anno ai domiciliari e per più di un anno ha avuto obbligo di firma”. Una volta libero, Isidoro ricomincia con le minacce e durante un tentativo di approccio fisico avvenuto in strada, riesce a spaccarle il labbro.

Isidoro torna in galera grazie alle nuove denunce ma Lidia, che nel frattempo si è rifatta una vita e una famiglia, convive il terrore. Per una serie di assurdi cavilli giuridici, il suo aggressore potrebbe presto tornare a piede libero. “Sto cercando di dare ai miei figli tutto l’amore che posso – svela Lidia – perchè temo di non vederli crescere. Quale può essere la colpa di una donna che merita la morte? Essermi innamorata dell’uomo sbagliato? Perchè le donne vittima di violenza vengono lasciate sole?”.

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