Ieri sera, a Sanremo, Ezio Bosso ha stregato la platea del teatro Ariston e i telespettatori a casa con la sua musica e le sue parole. Il pianista e direttore d’orchestra, che nel 2011 ha scoperto di essere affetto da una malattia neurologica degenerativa (una forma di Sla) che non limita però la sua creatività, ha regalato momenti di pura commozione sia durante l’intervista sia durante l’esecuzione al pianoforte di “Following a bird”, contenuto nel suo primo album “The 12th room”. Il pubblico ha riservato alla star mondiale, che suona a Londra e nei più prestigiosi teatri del mondo, una delle standing ovation più sentite della storia del Festival.
“La musica è come la vita, si può fare in un solo modo, insieme – ha detto Bosso – noi uomini tendiamo a dare per scontate le cose belle. La vita è fatta di dodici stanze: nell’ultima, che non è l’ultima, perché è quella in cui si cambia, ricordiamo la prima. Quando nasciamo non la possiamo ricordare, perché non possiamo ancora ricordare, ma lì la ricordiamo, e siamo pronti a ricominciare e quindi siamo liberi”.
“La musica è una fortuna che condividiamo e ci insegna la cosa più importante che esiste: ascoltare – ha aggiunto – E’ una vera magia, infatti non a caso i direttori hanno la bacchetta come i maghi...La musica, come diceva il grande maestro Claudio Abbado, è una terapia”.
Lasciato il palco dell’Ariston, Bosso ha continuato a dare spettacolo sul web mostrando una delicatezza e un’autoironia fuori dal comune. Il pianista ha replicato in maniera ineccepibile ad una battuta rilanciata dal sito satirico “Spinoza”. “È davvero commovente vedere come anche una persona con una grave disabilità possa avere una pettinatura da co*****”, ha commentato un utente. “Quello perché cerco di pettinarmi da solo”, ha risposto Bosso.
Dopo la pioggia di critiche ricevute, Spinoza ha detto la sua attraverso un post: “Quando commentate cose come “fate schifo”, “irrispettosi” “non dovevate fare quella battuta su Bosso” magari spiegateci perché lo trattate come un disabile e criticate chi lo tratta come una persona….Più che satira (le cui definizioni, ancorché giuste, onestamente ci hanno sfinito) questo era sano, scorretto e cazzonissimo umorismo, che può piacere o non piacere ma – è un dato di fatto – è stato accolto con sublime autoironia dell’interessato”.
