Paolo Crepet: "L'ansia dei giovani sembra a scoppio ritardato"

Paolo Crepet: “Se mia figlia 13enne esce vestita come una 26enne è colpa mia, non la sto educando”

Daniela Vitello

Paolo Crepet: “Se mia figlia 13enne esce vestita come una 26enne è colpa mia, non la sto educando”

| 23/10/2023
Paolo Crepet: “Se mia figlia 13enne esce vestita come una 26enne è colpa mia, non la sto educando”

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Paolo Crepet, autore del libro “Prendetevi la Luna” edito da Mondadori, torna a mettere in guardia dall’invadenza della tecnologia. In un’intervista a “La Verità”, il noto psichiatra e sociologo, esperto di tematiche giovani, bolla gli smartphone come “elettrodomestici” alla stregua di “un frigorifero”. “Non vorrei dar loro troppa importanza – dice – Si attaccano alla rete elettrica altrimenti si scaricano, e si usano quando c’è bisogno. Poi se si mette la dinamite nel frigorifero è un problema”. Per quanto riguarda il dialogo tra genitori e figli, oggi ce n’è addirittura troppo. Il che non è un bene. “Ciò che fa la differenza è la qualità del dialogo, basato su quali ruoli – spiega il professor Crepet – Non c’è meno dialogo di una volta, parliamo di tutto e di tutti”. Oggi i giovani sono più soli di quelli degli anni ’70-’80. “Cosa vuol dire dialogo? Se è mettersi intorno a un tavolo, imbastire un discorso, una dialettica con una provocazione… sono contento. Invece sento un mucchio di parole banali”, sentenzia.

Paolo Crepet (Foto da video)

“Non c’è una morfina che possa eliminare i dolori dell’anima”

Nella società di oggi si fa di tutto per dispensare i giovani da dolore e fatica. “Intendiamoci su cosa significa dolore: la malattia va combattuta, e il dolore che comporta, lenito. Ma non c’è una morfina che possa eliminare i dolori dell’anima – sottolinea lo psichiatra – Ci sono gli psicofarmaci ma certe questioni vanno affrontate e non spente nemmeno con uno psicofarmaco che ti riduce a un’ameba”. Secondo Paolo Crepet, addossare ai social la colpa dell’incomunicabilità fra generazioni è un alibi per i genitori. “L’incomunicabilità c’è da decenni – rileva – Già negli anni Cinquanta si cominciò a dire che c’era qualcosa nel progresso che erodeva le nostre capacità di espressione emotiva. Si ricorda Deserto rosso di Michelangelo Antonioni? I social hanno registrato 40 anni dopo questo fenomeno. La rivoluzione digitale l’ha acuito, non inventato. Non diamo medaglie a chi non se le merita”. “Oltre la demonizzazione cosa possiamo fare? Una battaglia ideologica contro i social? – si chiede il sociologo – Le vere galere sono le ideologie. Se sei pro social appartieni a un’ideologia se sei contro a un’altra. Dobbiamo capire qual è il senso della vita che vogliamo costruire. Anch’io quando smetterò di parlare con lei guarderò i messaggi sul cellulare. Più che contrapporci ideologicamente, dobbiamo trovare una pragmatica esistenziale”.

Paolo Crepet (Foto da video)

“Tutta questa ansia dei giovani sembra a scoppio ritardato”

Paolo Crepet commenta così la proposta di regolamentare l’accesso alla Rete ai più giovani per impedire la visione di contenuti p0rno. Un’idea maturata dopo l’incremento degli stupri di gruppo compiuti anche da minorenni: “Da quando c’è la Rete, c’è il parental control ma nessuno lo attiva. Se i genitori non ci sono, chi controlla? Purtroppo non funziona il parental, non il control. Il problema è che l’accesso è sempre più precoce. Se avvenisse in gioventù me ne preoccuperei meno. La questione riguarda chi lo consente. Se ammetto che mia figlia di 13 anni esca vestita come se ne avesse 26 non esercito il mio ruolo di educatore. Da qui discende tutto il resto”. Secondo il sociologo, inoltre, nella scuola “si parla poco dell’ansia degli insegnanti e dei genitori” e troppo di quella dei giovani che definisce “un’ansia a scoppio ritardato”. “Come mai tutta questa ansia nel 2023 e non nel 2018? Tutta colpa del Covid che oggi non c’è?”, si chiede.
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Paolo Crepet (Foto da video)

“Che un calciatore guadagni mille volte più di un chirurgo l’abbiamo deciso noi”

Infine, Paolo Crepet dice la sua sui giovani calciatori che guadagnano milioni di euro e che rischiano di rovinarsi con le scommesse. “Penso che ci sia tanta ipocrisia – dichiara – Che un calciatore guadagni mille volte più di un chirurgo l’abbiamo deciso noi. Ora non va più bene? Il campionato del mondo si è fatto nei Paesi arabi che hanno investito trilioni di dollari. Chi ha i soldi consuma. Pensavamo che i calciatori comprassero le opere di Italo Calvino? Sappiamo che macchina si comprano Ronaldo e Messi e dove vanno in vacanza d’estate. Idem degli attori di Hollywood. Noi veneriamo questo sistema perché ci guadagnano tutti, anche i giornali che ne scrivono”.  “Vittorio De Sica ci ha lasciato delle fortune – ricorda – Gascoigne era un alcolista. Stropicciamo gli occhi perché un calciatore del Milan ha giocato usando le società di betting le cui pubblicità riempiono gli intervalli delle partite. Mi si dica qual è la differenza tra una piattaforma che ha sede nei Paesi dove si pagano meno tasse, come fa anche la Fiat, e una che si definisce legale”.

Pubblicato il 23/10/2023 18:02

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