Appese le scarpette al chiodo, Gabriel Omar Batistuta ha pagato a caro prezzo le prodezze sui campi di calcio. “Appena […]
Appese le scarpette al chiodo, Gabriel Omar Batistuta ha pagato a caro prezzo le prodezze sui campi di calcio. “Appena smesso, mi sono ritrovato con le caviglie a pezzi – racconta l’ex attaccante di Fiorentina e Roma a “Sette” de “Il Corriere della Sera” – Non avevo più cartilagine. Osso contro osso, su un peso di 86-87 chili: il minimo movimento diventava un tormento. Lo stesso problema di Van Basten, che ha detto basta a 28 anni. Certi giorni non riuscivo a scendere dal letto. Piangevo di rabbia e mi dicevo: non può finire così”.
“La mia famiglia mi reclamava: ora puoi stare con noi. E invece soffrivo, stavo male – svela – Così male che sono andato da un amico medico e gli ho chiesto di amputarmi le gambe. L’ho pregato, ho insistito. Gli ho detto che quella non era più vita”.
Un mese fa, a Basilea, Batigol si è sottoposto ad un intervento per l’applicazione di una protesi alla caviglia sinistra e ora a Firenze per la riabilitazione. “Una soluzione che rincorrevo da almeno sei-sette anni – spiega – Fra 40 giorni, tolto il tutore, sapremo se il dolore è scomparso e potrò finalmente camminare come una persona normale”.
“Le mie caviglie sono fragili per costituzione – aggiunge – Non ho mai potuto giocare al cento per cento. Sono stato torturato dalle distorsioni. Andavo avanti a furia di infiltrazioni e antidolorifici (…) L’impegno con la società, con il pubblico, con me stesso era troppo importante. Scendevo in campo in condizioni impossibili. Ero il Re Leone, Batigol il guerriero e stringevo i denti (…) Tutto quello che è successo l’ho voluto io. Nessuno mi ha obbligato: avrei potuto prendere il mio tempo, gestire meglio gli infortuni, curarmi senza fretta. Invece non l’ho fatto, è andata così”.