Veronica Pivetti e la depressione: "Ho passato tre anni a piangere"

Veronica Pivetti e la depressione: “Ho passato tre anni a piangere”

Daniela Vitello

Veronica Pivetti e la depressione: “Ho passato tre anni a piangere”

| 17/03/2019

Ospite di Silvia Toffanin a “Verissimo”, Veronica Pivetti racconta di aver combattuto contro la depressione per sei anni. L’attrice è […]

Ospite di Silvia Toffanin a “Verissimo”, Veronica Pivetti racconta di aver combattuto contro la depressione per sei anni. L’attrice è stata colpita da questa malattia quando aveva 35-36 anni ed era all’apice del successo.

“I primi tre anni sono stati un incubo”

“E’ stata una cosa pesante, ci ho scritto anche un libro – spiega – E’ arrivata in realtà per un problema fisico. Ho avuto dei problemi alla tiroide malcurati e mi si è scatenata una depressione chimica. Risalire è stato veramente molto complicato. E’ stato un percorso molto lungo, ho fatto analisi e ho preso gli psicofarmaci. Non bisogna aver paura di queste cose, non bisogna aver paura di avere bisogno di un aiuto vero e concreto. Quando abbiamo trovato la dose giusta mi hanno aiutata. Certo, non bisogna abusarne. I primi tre anni sono stati un incubo, li ho passati a piangere e basta. Andavo sul set de ‘Il maresciallo Rocca’, la mia truccatrice mi truccava, io giravo la scena, mi rimettevo a piangere e poi mi ritruccava. Era molto pesante anche se il lavoro mi ha salvato. Mi ha dato l’obbligo di alzarmi dal letto, di curarmi. Il problema, quando si è depressi, è che nessuno capisce come stai”.

“Quando ti rompi dentro, servono le medicine”

“La depressione non è uno stato d’animo – prosegue – è una malattia e va trattata, affrontata e curata come tale. Quando ti rompi un braccio, si vede. Ti metti un gesso e tutto si rimette a posto. Quando ti rompi dentro, devi rimetterlo a posto e non puoi farlo con i sorrisi. Servono le medicine. A tutti quelli che ne soffrono dico di non nascondersi e non vergognarsi. La cosa terribile della depressione è che ti dà un profondo distacco dalla vita e una certa aridità. Oggi è un ricordo ma è anche un bagaglio che mi porto appresso. Prima ero impreparata ai momenti di tristezza che abbiamo tutti. Adesso ho capito cosa significa essere triste, è uno stato al quale voglio dare la giusta dignità. Conoscendo il dolore e la tristezza, capisco ancora di più quanto sono fortunata e poi ho avuto la possibilità di conoscere una parte di me che non mi piaceva per niente ma che ho scoperto di avere. Siccome penso che sia sempre meglio sapere che non sapere anche se quello che sai non ti piace, va bene così. Bisogna non aver paura di quello che ci capita, anche perché le soluzioni ci sono”.

“La mia casa distrutta da un incendio, ho perso tutto”

La Pivetti torna indietro con la memoria a uno dei giorni più brutti della sua vita: quel 29 maggio 2014 in cui è scampata miracolosamente alle fiamme che aveva invaso il suo appartamento.

“E’ stata una data molto critica in cui è successo qualcosa di inaspettato: un incendio. Un incendio in casa mia scatenato da un guasto che non potevo prevedere – racconta – E’ esploso uno dei fornelli della cucina a gas. Io ero da sola, avevo messo sul fuoco un piccolo pentolino per farmi il tè. Ho preso i cani, le chiavi e, in pigiama, sono scappata. Sono rientrata dopo quattro ore e mezza e non ho trovato più nulla. Casa mia era una scatola nera, ho perso tutto. Lo dico col sorriso perché non ho perso i miei cani e me stessa. Quindi l’essenziale l’ho salvato. Certo, tutto il resto è stato da ricostruire. E’ stato uno spartiacque tremendo. E’ chiaro che è stata una sventura. Poi non è che puoi tanto fermarti lì a piangere. Quando non hai più niente, puoi solo ricominciare”.

Il rapporto con la sorella Irene

Infine, parla della sorella Irene: “Abbiamo un rapporto bellissimo di due persone che si vogliono molto bene e che la pensano diversamente su tante cose. Siamo sempre state molto diverse. Il nostro è diventato un rapporto da sorelle a cavallo dell’adolescenza. Intorno ai 12-13 anni abbiamo incominciato a parlare e ci siamo molto unite. Questa cosa non la cancella neanche la morte. Mia sorella era molto più ribelle di me. Io ho fatto tutto più tardi. Fino ai 30 anni mi sono ribellata molto poco e quindi adesso sono ancora in pieno fermento. Diciamo che ho rotto le scatole parecchio. L’errore dei miei genitori è stato quello di proteggermi troppo e di avermi troppo in esclusiva e il mio di cadere in questa trappola. Sono un po’ quelle trappole amorose che la famiglia ti tende e io ci sono cascata. Poi devi crescere, non c’è niente da fare. E io secondo me sono cresciuta tardi. Questo inficia la sicurezza di una persona. Motivo per il quale sono apparentemente una persona molto sicura, per esempio professionalmente, e molto meno sicura dal punto di vista umano”.

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