Il supertestimone di Garlasco, che la scorsa settimana aveva fatto delle rivelazioni su Stefania Cappa (una delle cugine di Chiara Poggi, ndr) a “Le Iene”, ha deciso di mostrare il suo volto. L’uomo si chiama Gianni Bruscagin e, ai microfoni del programma di Italia 1, ha spiegato di voler uscire dall’anonimato perché ritiene di essere stato diffamato a causa delle informazioni di cui sostiene di essere in possesso.
L’uomo aveva raccontato di aver appreso da due persone oggi decedute che il 13 agosto 2007, giorno dell’omicidio di Chiara Poggi, Stefania Cappa – mai indagata – sarebbe stata vista in evidente stato di agitazione mentre tentava di entrare nella casa della nonna materna con un pesante borsone. “Non so se l’abbia lasciato in casa o buttato giù nel fosso – aveva affermato – All’epoca del delitto dissi all’avvocato della famiglia Poggi che avevo novità sulle gemelle Cappa. Ma lui mi rispose che c’era già un’indagine in corso su Stasi e che non si poteva sovrapporre un’altra pista”.
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“Le Iene”, l’avvocato dei Poggi smonta il supertestimone di Garlasco
Una ricostruzione subito smontata da Gianluigi Tizzoni, avvocato della famiglia Poggi. “Sono stato chiamato in causa da questo supertestimone che io conosco benissimo da quando sono nato – ha dichiarato il legale a “Le Iene” – Era una delle tante persone che nel settembre-ottobre 2007 mi contattava anche perché c’era la pressione mediatica come quella di oggi proponendo tesi. Nel suo caso proponendosi sostanzialmente come investigatore privato, una delle tantissime attività che ha svolto nella sua vita. Io ho detto che non eravamo interessati perchè non c’era nulla di concreto in quello che diceva ma di andare dai carabinieri. Cosa che mi risulta essere avvenuta”.
“Smentisco categoricamente di essere andato a cercarlo io, è lui che m’ha cercato – ha replicato Gianni Bruscagin mostrando il suo volto in tv – Che lui si occupasse di questo caso l’ho saputo nel momento in cui mi chiese aiuto. Non mi ha chiamato telefonicamente, ci siamo incontrati vicino casa sua. Non mi ha assolutamente detto di andare dai carabinieri. Io ho detto la verità, lui adesso dovrà rendere conto del suo operato”. “Le Iene” hanno cercato, senza successo, di strappare una dichiarazione ad Andrea Sempio finito nel mirino della procura di Pavia che lo ha indagato per omicidio in concorso con Alberto Stasi o con altri.


Alberto Stasi: “Trovare la verità è importante per me, per la mia famiglia e per Chiara”
A fine servizio, è stata riproposta un’intervista rilasciata lo scorso marzo dal fidanzato di Chiara Poggi condannato in via definitiva dalla Cassazione per il delitto. I genitori della vittima non hanno dubbi sul fatto che sia lui il colpevole. Alberto Stasi, che si è sempre proclamato innocente, ha confessato di vivere “uno tsunami di emozioni” per via della nuova inchiesta. “Mi auguro che si possa arrivare alla verità – ha commentato – La vivo con fiduciosa attesa, con speranza. Tra pochi mesi potrei essere definitivamente a casa ma non sono questi pochi mesi a fare la differenza per me”.
“Ho motivazioni più profonde. Sarebbe molto più importante per me, per la mia famiglia e per Chiara trovare la verità – ha spiegato – Non conosco Sempio, non l’ho mai visto, se non adesso ovviamente e nel 2017. Era un amico del fratello di Chiara e quindi da un punto di vista dell’età totalmente estraneo alla mia cerchia di amicizie e conoscenze. Mai visto, mai sentito. Sono un garantista e sono convinto che non si debba mai avere paura della verità e che quindi non ci sia motivo di sottrarsi a nessun tipo di accertamento. Una giustizia giusta? Penso ancora che sia possibile ma è sempre legata alla volontà delle persone che la gestiscono e la amministrano”.
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“La leggerezza della coscienza che mi aiuta. Gli innocenti non scappano”
Il fidanzato della vittima ha spiegato come ha resistito tutti questi anni in carcere sapendo di essere innocente: “Ci sono degli strumenti interiori che ognuno di noi implora. È un po’ come quando viene diagnosticato un cancro. Ti capita e in qualche modo devi reagire. Io ho la leggerezza della coscienza che mi aiuta, che ti fa vivere la cosa come un incidente della tua vita molto grave, molto brutto, ma che riesci ad affrontare. Cosa ricordo del giorno della mia condanna? Tristezza, disperazione, mia mamma”. Ma “gli innocenti non scappano”, ha concluso.