05 Luglio 2021, 09:40
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Ha appena compiuto 60 anni ma se ne sente 30. Alba Parietti ripercorre la sua vita e la sua carriera in un’intervista al “Corriere della Sera”. Negli anni ’90, la conduttrice e opinionista irrompe in tv e non passa di certo inosservata.
“Tutto quello che non potevo neanche immaginare si avvera – ricorda – Sono seduta sullo sgabello di Galagoal a Telemontecarlo, un’intuizione di Ricardo Pereira, e da lì stravolgo la messa cantata del calcio maschile. Ho una gran faccia tosta, ostento una sicurezza che mette a disagio gli uomini, ma sono preparata, mi aiutano dalla redazione e studio tanto. Da quel momento tutti si accorgono di me, Rai, Mediaset, mi chiamano Berlusconi, Agnelli, vengono in trasmissione Maradona e Pelè, scrivono di me il New Yorker, Le Figaro…”.
Negli anni Duemila, invece, l’Alba nazionale capisce di non essere immortale: “Ho appena compiuto 40 anni, arrivo da un paio di sconfitte professionali e sentimentali, quella con Christopher Lambert è stata bruciante. Vado in vacanza da sola in Sardegna a Porto Cervo e in 23 giorni mi faccio vedere a 23 feste, ogni sera con un abito diverso. Una donna che si sente mia rivale dice: Alba crede di essere ancora molto bella…”.
Più o meno 10 anni dopo, “divento l’ospite per eccellenza”. “Penso di aver inventato il mestiere di opinionista, con Vittorio Sgarbi – dice – Faccio la tuttologa e suscito molte antipatie. Ma io non improvviso mai, mi preparo (…) Oggi faccio Alba Parietti. È un marchio che ancora funziona piuttosto bene”.
“Gli anni Novanta furono un pozzo di guadagno incredibile – confida – Dopo Galagoal cominciarono a offrirmi 35 milioni a puntata, qualunque cosa facessi. Firmai un contratto con la Ip per un miliardo. È vero che come ho già raccontato rinunciai ai 9 miliardi che mi offriva Berlusconi per lavorare tre anni a Mediaset, ma forse ne guadagnavo due l’anno”.
Alba Parietti torna a parlare del rapporto con Ezio Bosso scomparso lo scorso anno.
“Era una delle poche persone davanti alle quali mi sentivo in soggezione – racconta – Nella sua tragedia immane ha messo in scena la sua malattia, condividendola con la musica. Sarebbe bello raccontare questi personaggi anche nelle zone d’ombra, perché hanno sviluppato il genio attraverso grandi dolori che li hanno resi crudeli. Con lui fu un rapporto devastante. Non c’è nulla di male nell’ammettere che ci sia stata una storia, complessa, dolorosa e pericolosa, irripetibile, che mi è costata moltissimo sul piano emotivo, ma che sono felice di aver vissuto. È stato un sogno a tratti meraviglioso, fuori da ogni logica umana”.
La conversazione si sposta su Giuseppe Lanza di Scalea, scomparso lo scorso ottobre. “Lui in assoluto, oltre a essere uno degli uomini più importanti della mia vita, era quello di cui mi fidavo di più – spiega la Parietti – Era davvero il Gattopardo. Ho avuto la fortuna di avere una grandissima confidenza con lui, uomo di etica e di pensiero. La sua malattia non l’ho vissuta perché aveva una compagna ed era giusto che fossi più defilata, ma se avessi potuto staccarmi un braccio per farlo stare meglio lo avrei fatto (…) La morte di Giuseppe, dopo quella dei miei genitori, ha rappresentato la perdita della famiglia”.
“Giuseppe era mio pilastro, amico, non potevo immaginare che potesse non esserci più – aggiunge – Di certe cose potevo parlare solo con lui. È stato un dolore così violento, che è stato come cadere in un lago melmoso con una pietra al collo: potevo solo scegliere se vivere o morire e niente come il nostro lavoro ti fa restare a galla e ti permette di andare avanti nonostante l’abisso sul quale cammini”.
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05 Luglio 2021, 09:40