Lunedì 8 febbraio, in prima serata su Sky Cinema, arriva “Lei mi parla ancora”, il film per la regia di Pupi Avati liberamente tratto dal libro omonimo di Giuseppe Sgarbi. Quest’ultimo, padre di Vittorio ed Elisabetta Sgarbi, racconta la storia d’amore d’altri tempi lunga 65 anni con la moglie Rina Cavallini che non si è interrotta con la morte di lei.
Il film vede come protagonista Renato Pozzetto per la prima volta in un ruolo drammatico. Il regista 82enne e l’attore 80enne hanno in comune la fortuna di aver incontrato nella loro vita quell’“amore per sempre” che è sempre più raro. Il primo è sposato con la stessa donna da 53 anni, il secondo ha perso la moglie Brunella Gluber 12 anni fa dopo una vita vissuta in simbiosi.
In un’intervista rilasciata a Candida Morvillo per il “Corriere della Sera”, Pozzetto racconta perché – dopo 70 film comici – ha deciso di farne uno drammatico.
“Leggendo il copione di Pupi, mi sono commosso tanto, più di una volta”, svela. A commuoverlo, spiega, è stata “la storia, il momento in cui la moglie, Stefania Sandrelli, va all’ospedale e io che sono il marito capisco che non tornerà più”.
“Non sognare mia moglie mi addolora”
Rina come la sua Brunella non tornerà più. “Questa stanza è piena delle foto mie e sue: lì avevo appena iniziato a fare cinema; lì siamo con una coppia di amici… Quella è Brunella con Francesca bambina. Ne è piena la casa di foto così”, dice.
Sempre a proposito di Brunella aggiunge: “Non le parlo e, soprattutto, non la sogno. Non sognarla mi addolora molto. Era mia moglie, vorrei rivederla. Era simpatica, spiritosa. È stata paziente col mio lavoro quando stavo lontano a girare”.
L’attore svela la ricetta di un amore capace di resistere nel tempo: “Devi essere innamorato. Se due lo sono e si augurano l’amore oltre la morte, non è che si sposano e dopo due mesi si sono stufati (…) L’amore va oltre tutto. Infatti, alla fine del film, cito Cesare Pavese e dico ‘l’uomo mortale non ha che questo di immortale: il ricordo che porta e il ricordo che lascia’”.
L’incontro con Pupi Avati
Infine, Pozzetto ricorda la prima volta che ha parlato con Pupi Avati del film: “Un giorno, mi telefona e mi dice che vuole farmi protagonista di un film che ama tanto. Dico: fammelo leggere. Arriva il copione, resto affascinato dalla storia, dal modo di raccontare. La mattina dopo, Pupi arriva precipitosamente da Roma a Milano. Faccio preparare un piatto di spaghetti, ci raccontiamo il film. Io ero sicuro di fare bene la parte. Gliel’ho detto fuori dai denti. Il copione mi aveva smosso qualcosa, sentivo di potermela giocare in modo onesto. Quindici giorni dopo, eravamo sul set. Forse, lo ha affascinato la mia sicurezza”.