All’indomani dell’ospitata a “Non è l’Arena”, Giulia Napolitano – la 21enne siciliana che ha lavorato come ragazza immagine nei party […]
All’indomani dell’ospitata a “Non è l’Arena”, Giulia Napolitano – la 21enne siciliana che ha lavorato come ragazza immagine nei party privati a base di sesso e droga di cui tanto si parla dopo il caso Genovese – torna in tv a “Pomeriggio Cinque”.
“Principalmente faccio la fotomodella, ho iniziato quasi tre anni fa – racconta a Barbara D’Urso – Da poco ho finito di fare la ragazza immagine alle feste private. Ballo, parlo, bevo, però non sono tenuta a fare nulla che a me non vada di fare. Non mi sono mai drogata, mai fumato una sigaretta in vita mia, ho il terrore delle droghe. Mai stata pagata per fare qualcosa che andava contro la mia volontà. Ci sono tantissime feste così. In tre anni ho partecipato a un’ottantina di feste private, una media di due al mese. A Milano, a Roma, in Sardegna, sugli yacht, nelle ville, negli attici, negli hotel”.
La Napolitano conferma che alle ragazze viene requisito il cellulare all’ingresso, ma svela di aver studiato un escamotage per averne uno sempre a portata di mano. “La prima volta che partecipai ad una festa come ragazza immagine, mi spaventai parecchio quando la mia ex coinquilina dell’epoca mi disse che per entrare dovevo dare il cellulare a un bodyguard – ricorda – Andai a comprare uno di quei cellulari con i tastini per mandare i messaggi dal bagno. Era piccolissimo, lo nascondevo nel reggiseno, a volte nelle mutande, almeno lì non mi avrebbero controllata, e negli stivali alti sopra il ginocchio. Appena arrivata alla festa, avvisavo mia madre, qualche amica che mi ero fatta a Roma o a Milano, per far sapere dov’ero, cosa stavo facendo. Se per caso non mi facevo viva per tre ore consecutive, chiamavano la polizia”.
“Le ragazze che vanno a queste feste sono tante e non tutte hanno la necessità di drogarsi o fare soldi facili. Alcune vogliono soltanto divertirsi – aggiunge – Però molte vanno lì per la droga perché a queste feste ce n’è sempre, come persone disposte a stare con te pagando”.
La fotomodella siciliana spiega perché ha deciso di lavorare in ambienti dove circola tutta questa droga: “A 18 anni mi sono trasferita da Caltagirone, provincia di Catania, e non avevo un euro. La mia coinquilina faceva un lavoro diverso dal mio, mi ha proposto di essere pagata solo per parlare. Se poi tu ti droghi, è un problema tuo. A me personalmente fa schifo, non è che perché tu ti tiri roba dal naso io devo restare a casa mia”.
Ad un certo punto, la Napolitana racconta un episodio doloroso accaduto qualche anno fa: “Nella mia vita sono stata sequestrata durante uno shooting per tre giorni in una stanza d’hotel a Napoli e picchiata selvaggiamente da un fotoamatore. E’ accaduto 8 giorno dopo che avevo compiuto 18 anni. Non ha abusato di me sessualmente, però io ancora non ci dormo. Non avevo il telefono, lui stava sempre lì, neanche in bagno andavo da sola. Non l’ho denunciato perché vivevo ancora giù in Sicilia, mio padre era mancato da quattro mesi, mia madre mi aveva permesso di fare questa trasferta fotografica. Sinceramente mi si spezzava il cuore a dire a mia madre che mi avevano chiuso in una stanza. Non ce l’ho fatta. Gliel’ho detto dopo un anno e mia mamma c’è rimasta malissimo”.
“Io vorrei far notare che idea di donna c’è nella testa di un uomo che va a una festa e invece di invitare delle amiche, delle persone con le quali è tenuto a fare una normale conversazione, le sceglie da catalogo buttandole nella mischia dei suoi ospiti nella speranza che, avendo pagato, siano gentili e facciano bella conversazione. L’idea di un uomo che non sa relazionarsi con una donna”, commenta la giornalista del “Corriere della Sera” Candida Morvillo.