Dopo 5 anni e mezzo il sogno di Filippo La Mantia, il cuoco palermitano trapiantato a Milano, sfuma per colpa […]
Dopo 5 anni e mezzo il sogno di Filippo La Mantia, il cuoco palermitano trapiantato a Milano, sfuma per colpa del coronavirus. A fine anno, sarà costretto a lasciare il locale che aveva aperto in piazza Risorgimento. Reinventarsi durante il lockdown e adeguarsi ai tempi, mutati dopo la fine della quarantena, non è bastato.
“Quando abbiamo chiuso per due mesi davo le ricette per telefono, ho iniziato a fare l’asporto io personalmente in moto o in macchina, per due mesi ho portato il cibo a casa dei miei clienti – racconta in collegamento con la trasmissione “In Onda” – Prima venivano loro, poi sono andato io a trovarli a casa e ho scoperto persone, appartamenti. Però devo anticipare che il 31 dicembre sarò costretto a chiudere il locale di 1800 metri quadri con 38 dipendenti. Pago 28mila euro al mese di affitto. La proprietà mi ha tolto il 50% nei mesi di aprile e maggio, da giugno pago la cifra di sempre. Sto cercando un posto molto più piccolo perché non voglio lasciare Milano, amo questo lavoro, lo faccio da 25 anni per circa 18 ore al giorno e ho un impegno anche morale con i miei clienti. Devo continuare il mio mestiere in una location più piccola”.
“Abbiamo a che fare con un virus che ha azzoppato qualsiasi tipo di attività – aggiunge – Io per adesso vivo alla giornata, ho il 40% in meno di fatturato rispetto a febbraio. Per la prima volta sono dovuto andare in banca a chiedere un prestito. Ho 30 dipendenti e un locale che sino a febbraio era frequentatissimo. Gli eventi non si fanno più perché non ci possono essere più affollamenti. I miei punti forti erano i brunch del sabato e della domenica, avevo una media di 300 persone tra sabato e domenica e di 80 eventi all’anno. E’ venuta a mancare la fonte di guadagno importante perché il ristorante in sala non guadagna nulla. Tra personale, materie prime e manutenzione, riusciamo a coprire le spese di gestione del ristorante. Gli eventi servono per quadrare i bilanci”.
