Fedez, il chirurgo che lo ha operato: "La sua storia ha dato speranza a tanti"

Fedez, il chirurgo che lo ha operato: “La sua storia ha dato speranza a tanti”

Daniela Vitello

Fedez, il chirurgo che lo ha operato: “La sua storia ha dato speranza a tanti”

| 01/04/2022
Fedez, il chirurgo che lo ha operato: “La sua storia ha dato speranza a tanti”

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“La storia di Fedez ha avuto una grande risonanza mediatica. Ma ha anche dato speranza a tante persone. E dimostrato l’importanza di una diagnosi precoce”. A parlare così in un’intervista al quotidiano “La Repubblica” è Massimo Falconi, Massimo Falconi, direttore del Centro del Pancreas dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. Lo scorso 22 marzo, il luminare ha operato il rapper milanese colpito da un tumore neuroendocrino al pancreas. Ieri mattina, il cantante è stato dimesso ed è tornato a casa dove proseguirà la sua convalescenza.

“La prosecuzione delle terapie varia da paziente a paziente”

Il professor Falconi spiega che, dopo un intervento finalizzato alla rimozione di un NET, “la prosecuzione delle terapie varia da paziente a paziente”. “Ci sono casi in cui l’intervento è radicale, grazie alla asportazione totale della massa e, quindi, dopo sono necessari solo controlli, senza terapie oncologiche complementari – dice – In altri casi, invece, in cui si riesce ad asportare solo una parte della malattia, anche l’80-90%, sono poi necessarie delle terapie post-operatorie per controllare la malattia rimanente. Un esempio classico è quello di un tumore al pancreas che presenta anche delle metastasi epatiche non completamente asportabili: in questo caso, si può intervenire rimuovendo il tumore pancreatico ‘primitivo’ in modo da confinare la malattia residua al solo fegato. E poter così adottare o migliorare l’efficacia delle terapie”.

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L’intervento di Fedez (Foto Instagram)

“I controlli sono e rimangono fondamentali”

Massimo Falconi si esprime anche sul rischio di una recidiva: “L’esame istologico ci permette di valutare alcuni fattori prognostici che possono condizionare o meno il rischio che la malattia si ripresenti. In generale, il percorso di cura di queste neoplasie non si esaurisce mai con il solo intervento chirurgico: i controlli, nel tempo, sono e rimangono fondamentali. La loro frequenza varia a seconda della ‘cattiveria’ che il tumore dimostra sulla base dell’esame istologico e di alcuni parametri patologici. Ma non solo: per esempio, sappiamo che un Net ‘funzionante’ (che produce ormoni, ndr.) come l’insulinoma del pancreas, generalmente ha un rischio di recidiva molto bassa. Ma non è sempre la norma, quindi continuare con i follow up è fondamentale”.

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“Il messaggio è che è possibile tornare alla propria vita”

I controlli, spiega il primario di Chirurgia del pancreas al San Raffaele di Milano, “all’inizio sono sempre ogni sei mesi. Poi possono diradarsi ed avere un intervallo annuale. Tanto più è aggressivo e ‘veloce’ il tumore, quanto più è alta la probabilità di una recidiva precoce. Al contrario, nel caso in cui il tumore iniziale sia ‘meno’ aggressivo, la possibilità di una recidiva è più bassa, ma deve essere prolungata nel tempo, fino a dieci anni dall’intervento”. I controlli rappresentano sicuramente “una condizione di stress” per i pazienti. “Però – rileva Falconi – abbiamo notato, osservando il ‘percepito’ del paziente, che tanto più i follow up ripetuti sono negativi, tanto più la persona diventa sicura. Il messaggio, quindi, è che è possibile tornare alla propria vita, non abbandonando però i controlli che permettono, in caso, una diagnosi precoce di ripresa di malattia”.


Pubblicato il 01/04/2022 19:29

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