Amanda Sandrelli: "Io figlia del peccato e di papà ignoto fino ai 25 anni"

Amanda Sandrelli: “Io figlia del peccato e di papà ignoto fino ai 25 anni”

Daniela Vitello

Amanda Sandrelli: “Io figlia del peccato e di papà ignoto fino ai 25 anni”

| 24/12/2021
Amanda Sandrelli: “Io figlia del peccato e di papà ignoto fino ai 25 anni”

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L’attrice parla della sua famiglia allargata e complicata

  • Amanda Sandrelli è nata da una relazione extraconiugale di Gino Paoli
  • “La moglie di mio padre era in dolce attesa quando mia madre restò incinta”
  • La 57enne è stata in analisi per un decennio: “C’erano dei nodi da sciogliere”

In un’intervista al “Corriere della Sera”, Amanda Sandrelli racconta la sua famiglia allargata e complicata. L’attrice 57enne è nata da una relazione extraconiugale di Gino Paoli. Quando la madre Stefania rimase incinta, il padre era sposato con Anna Fabbri che per Amanda divenne subito una seconda madre.

“La moglie di mio padre era in dolce attesa quando mia madre restò incinta”

“Sono stata la figlia del peccato e di padre ignoto fino all’età di 25 anni – ironizza – Mamma e papà non li ho mai visti vivere insieme, e per questo non sono cresciuta con la classica dinamica genitoriale, ma ho vissuto in una famiglia allargata, incasinata e popolata da tante belle persone. Mio padre era regolarmente sposato con Anna Fabbri dalla quale era in attesa del figlio Giovanni che è nato tre mesi prima di me perché intanto anche mia madre era incinta. Insomma, un bel pasticcio. E infatti, dati i tempi visto che stiamo parlando del 1964, lui non ha potuto darmi subito il suo cognome. Solo in seguito per me è staro possibile chiamarmi Sandrelli Paoli”. “Avrebbe potuto essere un inferno invece no – spiega – sia pure nella complessità sono stata fortunata, mi è andata decisamente bene, ho imparato a prendere il meglio dagli affetti familiari e soprattutto ho imparato a essere libera dalle convenzioni, dalle regole. Una famiglia tutt’altro che perfetta, non borghese, dotata però di un’alta dose di onestà”.

“Sono stata in analisi per un decennio”

“All’inizio, da bambina, sapevo di essere in una condizione affettiva difficile: una figlia unica con due fratelli, oltre a Giovanni, che ho conosciuto solo in seguito quando, tra gli otto e i tredici anni andai a vivere da mio padre che mi voleva a Milano, e poi Vito che mia madre ha avuto da Niki Pende – racconta – A casa di papà venni accolta con molto affetto da Anna, che aveva un carattere meraviglioso, è stata per me una seconda madre e abbiamo costruito un bellissimo rapporto. Certo, crescendo ci sono stati dei nodi da sciogliere, mi sono posta delle domande e sono andata in analisi per un decennio, tra i 23 e i 33 anni. È stato un percorso importante, mi piaceva andare dallo psicoanalista che non ti risolve i problemi, semmai te ne crea di nuovi e così almeno non compi sempre gli stessi errori. La psicoterapia ti insegna a non rimanere prigioniero di certe dinamiche costrittive e ti fa capire che nella vita puoi scegliere poco il tuo destino, dipende tutto dalle occasioni che ti capitano. Io non sono credente, non posso quindi affidarmi a soluzioni ‘alte’, solo il cervello, solo quello che sta dentro la nostra testa ci può aiutare”.

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“Ho trovato un mio equilibrio e mi sono affrancata subito da loro”

“Stefania e Gino sono stati ingombranti, importanti anche economicamente – ammette – ma io come loro sono sempre stata indipendente e per questo ho deciso presto di andare a vivere da sola, in una mia casa, in un posto solo mio. Il confronto con loro non mi ha mai preoccupato, non sono né gelosa, né competitiva e questa caratteristica mi ha aiutato anche quando, per esempio, mi chiedevano se invidiassi la bellezza di mia madre: per carità, ne sono stata assolutamente orgogliosa! La sua bellezza appartiene a me. Con mamma sono cresciuta, molto presente affettivamente, pur se sempre in giro per lavoro. Con papà il rapporto si è costruito più tardi: lui è veramente un artista, e il talento creativo non è facile da gestire, ha un costo, si paga, con tutti i pro e i relativi contro. Quando ero piccola, lo giudicavo piuttosto pesantino, alternava momenti di grande amorevolezza ad altri in cui non esistevo, non c’ero proprio nella sua mente… Tra l’una e l’altro, mi sentivo in bilico sul filo da acrobata, ho dovuto cercare un mio equilibrio precario, che per fortuna ho trovato e mi sono affrancata… Bisogna andare avanti senza pesi, l’importante è muoversi, non c’è nulla di fermo nella nostra esistenza (…) Il pregio che mi riconosco è quello di aver compreso che i miei genitori non mi dovevano nulla: ciò mi ha permesso di emanciparmi, non ho perso tempo a rimproverarli, ho chiuso presto i conti con le recriminazioni, ovviamente anche grazie alla psicoanalisi”.

Massimo Troisi con Amanda Sandrelli in “Non ci resta che piangere” (Foto Facebook)

“Da mia madre ho ereditato l’iracondia”

Amanda Sandrelli svela i difetti ereditati dai genitori: “Da Stefania, che se non fosse mia madre sarebbe perfetta, ho ereditato l’iracondia, quella che ti fa strillare come un’erinni, quella che vedi rosso e non sai controllarti in alcun modo, parli a sproposito dicendo cose di cui, in seguito, devi pentirti e chiedere scusa. Un difetto che lei stessa aveva ereditato da sua madre: mi raccontava che quando a mia nonna le partiva l’embolo, arrabbiata con i figli che scappavano, si mordeva il dito per non inseguirli. Una pecca su cui ho dovuto lavorare molto. Da mio padre, ho ricevuto caratterialmente la tendenza a insabbiarmi, sabbie mobili profonde che, quando sei un artista, sono anche belle per abbandonarsi, però il talento a volte ti inghiotte, non perdona. Tuttavia io le gestisco meglio di lui, prima di tutto perché sono femmina e poi perché ho meno talento…”.

Pubblicato il 24/12/2021 14:25

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