Robin Williams, i suoi ultimi giorni di vita in un docu-film: "Ha visto se stesso disintegrarsi" - Perizona Magazine

Robin Williams, i suoi ultimi giorni di vita in un docu-film: “Ha visto se stesso disintegrarsi”

Daniela Vitello

Robin Williams, i suoi ultimi giorni di vita in un docu-film: “Ha visto se stesso disintegrarsi”

| 10/08/2020

Era l’11 agosto 2014 quando Robin Williams fu rinvenuto cadavere nella sua casa di Tiburon, in California. L’attore hollywoodiano, tra […]

Era l’11 agosto 2014 quando Robin Williams fu rinvenuto cadavere nella sua casa di Tiburon, in California. L’attore hollywoodiano, tra le stelle di punta della mecca del cinema, decise di porre fine alla sua vita all’età di 63 anni di cui 40 trascorsi sul set. Sposato in terze nozze con Susan Schneider, Williams era padre di tre figli: Zachary, nato dall’unione con la prima moglie Valerie Velardi, e Zelda e Cody, nati dal secondo matrimonio con Marsha Garces.

Sulla sua morte sono stati spesi fiumi d’inchiostro con le ipotesi più disparate. Per alcuni ad ucciderlo sarebbe stata la depressione, per altri dei problemi economici. A fare luce sul suicidio dell’attore è adesso un documentario dal titolo “Robin’s Wish”. Diretto da Tylor Norwood, racconta gli ultimi giorni di vita di Williams. Una vita segnata dalla demenza da corpi di Lewy, una malattia neurodegenerativa strettamente correlata con il morbo di Parkinson.

La vedova: “Robin ha visto se stesso andare a pezzi”

A parlarne, nel documentario, è la vedova dell’attore. “Ogni area del suo cervello era stata attaccata – svela Susan Schneider – Robin ha visto se stesso andare a pezzi, disintegrarsi”. Già un anno dopo la tragica scomparsa del marito, la donna aveva escluso che ad ucciderlo fosse stata la depressione. “Ho passato un anno intero a capire cosa ha ucciso Robin – aveva confidato in un’intervista a ABC News – A capire contro cosa stessimo combattendo, contro cosa fossimo scesi in campo e uno dei medici che lo seguivano mi ha detto, ‘Robin era consapevole del fatto che stesse impazzendo e che non potesse farci niente’. Non è stata la depressione ad ucciderlo, era solo uno dei circa cinquanta sintomi. Uno piccolo. Prego che questa tragedia possa dare visibilità a questa malattia, per i milioni di persone che ne soffrono e per i loro amati”.

Così l’attore ha salutato la moglie per l’ultima volta

La malattia colpì Williams un anno prima della morte, causandogli allucinazioni, attacchi di ansia, repentini sbalzi d’umore e difficoltà motorie. A causa di una di queste rigidità muscolari e motorie, aveva ricordato Susan, Robin un giorno aveva battuto la testa contro una porta, procurandosi una profonda ferita. “Robin avrebbe potuto vivere forse altri tre anni, se fosse stato fortunato – aveva spiegato la vedova – Ma sarebbero stati anni difficili”. Susan Schneider aveva anche raccontato, tra le lacrime, il loro addio: “Stavo andando a letto, è entrato nella stanza un paio di volte e ha detto: ‘Buonanotte, amore mio’. Poi è tornato, ha preso il suo iPad, sembrava avesse qualcosa da fare. Che stesse meglio. Ha ripetuto: ‘Buonanotte, buonanotte’. E quelle sono state le ultime parole”.

I tre figli assenti dal docu-film

Il documentario raccoglie anche la testimonianza di Shawn Levy, l’ultimo regista con cui Robin Williams aveva lavorato: “Sul set (il film era “Una notte al museo 3: il segreto del Faraone’, ndr.) era chiaro a tutti che a Robin stava succedendo qualcosa, ricordo che un giorno mi disse ‘non so cosa mi stia succedendo, non sono più io’”. “La demenza a corpi di Lewy è una patologia devastante che aumenta ansia e insicurezza, scatenando delusione”, aggiunge Bruce Miller, neurologo di fama internazionale e direttore del Memory and Aging Center dell’Università della California.

Assenti nel docu-film i tre figli dell’attore che dopo la sua morte sono stati protagonisti di una battaglia legale con Susan Schneider.

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