Fase 2, la preoccupazione di La Mantia: "Per molti ristoratori riaprire sarà un massacro" - Perizona Magazine

Fase 2, la preoccupazione di La Mantia: “Per molti ristoratori riaprire sarà un massacro”

Daniela Vitello

Fase 2, la preoccupazione di La Mantia: “Per molti ristoratori riaprire sarà un massacro”

| 13/05/2020

La riapertura per le attività di ristorazione potrebbe essere vicina me le linee guide dettate dal governo potrebbero rivelarsi deleterie […]

La riapertura per le attività di ristorazione potrebbe essere vicina me le linee guide dettate dal governo potrebbero rivelarsi deleterie per un settore già pesantemente colpito dal lockdown. “Per molti sarà un salasso, un massacro”, sentenzia Filippo La Mantia ai microfoni dell’Adnkronos. Il cuoco palermitano trapiantato a Milano esprime perplessità sui rumors che parlano di una distanza di sicurezza di quattro metri tra un cliente e l’altro e di due metri per ogni tavolo.

“Sono col metro in mano – ironizza il proprietario di “Oste e cuoco”, ristorante inaugurato a Milano cinque anni fa – Né io né nessuno si può permettere di giudicare le scelte tecniche di sicurezza, per carità, ma è molto difficile visualizzare un luogo dove intorno a una persona ci siano 4 metri quadri di distanziamento, è tanto. Io finora, avendo un locale molto grande, riesco a gestire la situazione. Non voglio fare l’avvocato di nessuno ma chi ha locali piccoli avrà molti problemi”. Il ristoratore si riferisce alla riduzione dei coperti e al conseguente calo degli incassi.

“Per i piccoli riaprire così è impossibile – sottolinea – se io non avessi così tanto spazio non potrei farlo. A queste condizioni conviene non aprire affatto”. La Mantia intende proseguire l’attività ma ha bisogno di tempo per organizzarsi. “Devo capire quello che succederà – precisa – per me è fondamentale ma non sarei pronto dal 18, non si fanno le cose di fretta, è impossibile. Se si aprirà a partire da quella data io potrei riaprire dal 22, in fondo 4 giorni non mi cambiano la vita. Devo fare le cose per bene”. “Facciamo l’asporto dal 4 maggio e io stesso vado a fare le consegne a casa”, racconta.

“Devo riorganizzare i ragazzi e rifare i menu – aggiunge – Devono essere usa e getta, come le mascherine. Io li stamperò su fogli A4 e quando il cliente avrà finito di ordinare li butterò via. Quei bei menu con le immagini e il logo che usavamo fino a poco tempo fa andranno a farsi benedire. E’ tutto un danno tra sanificazioni, liquidi, mascherine e guanti, è un salasso. Credo che una buona parte dei ristoratori chiuderà per sempre. È un massacro. Io sono qui da stamattina alle 8, mi sono svegliato alle 5.30 con questi pensieri, per capire come riorganizzare il ristorante. C’è l’adrenalina di tornare a lavoro ma dobbiamo capire cosa dobbiamo fare, non ci hanno ancora detto niente”.

“Ora dovranno venire i tecnici dell’impianto di condizionamento per controllare i filtri – spiega – Ma tutte queste voci, mascherine, sanificazioni, guanti, pannelli, gel disinfettante, sono moneta allo stato puro, soldi. L’impianto che ho fatto a dicembre dovrò rifarlo in versione coronavirus. Devo cambiare tutte le uscite dell’aria”.

E sull’idea di fare i tamponi al personale dice: “Lo dico da un mese a chiunque. Un luogo pubblico, a prescindere che sia un ristorante, e che ha persone che interagiscono con il pubblico deve avere la cognizione di quello che hanno o non hanno i propri dipendenti. Ci sono tantissimi asintomatici. Bisognava organizzare una task force per fare tamponi a tutti quelli che hanno a che fare col pubblico ma mi rendo conto che è fantascienza, irrealizzabile”.

Lo chef è pieno di interrogativi. “Se viene una coppia e mi dà l’autocertificazione, cosa dimostra a me ristoratore? – si chiede – Oppure penso ai famigliari. Se arrivano 6 persone di una stessa famiglia, io devo chiedere i documenti a tutti per vedere se i cognomi corrispondono o il certificato di residenza per vedere se abitano nello stesso appartamento? Nella tragedia immane sembra di stare nel film dei ‘Gremlins’, dove se si bagnano si riproducono a dismisura. Ecco, anche qui si riproducono le paranoie. Io non farò più il cuoco praticamente, farò il controllore. Mi dovrò mettere in cassa ad accertare che tutto sia in sicurezza, che devo fare?”.

“Fino ad oggi di spazio ne ho tantissimo – conclude – ma devo capire se potrò mantenere questo luogo o dovrò cercare un altro posto, viste le nuove tendenze di ricevere meno persone. Non ci sarà il buffet, niente più eventi. Il mio ristorante aveva motivo di esistere perché grazie a Dio lavoravo tantissimo ma oggi non so come sarà. Forse ci faranno allargare la parte esterna e monteremo più tavoli fuori”.

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