Loredana Bertè: "Borg? L'ho lasciato prendendolo a mazzate. Eravamo a letto e..." - Perizona Magazine

Loredana Bertè: “Borg? L’ho lasciato prendendolo a mazzate. Eravamo a letto e…”

Daniela Vitello

Loredana Bertè: “Borg? L’ho lasciato prendendolo a mazzate. Eravamo a letto e…”

| 12/12/2019

In un’intervista concessa a “Verissimo” andata in onda sabato scorso, Loredana Bertè torna a parlare del suo burrascoso matrimonio con […]

In un’intervista concessa a “Verissimo” andata in onda sabato scorso, Loredana Bertè torna a parlare del suo burrascoso matrimonio con Björn Borg. La cantante incontrò il campione di tennis svedese dopo la fine della sua unione con il primo marito Roberto Berger. A presentarli, al Roland Garros del 1973, fu Adriano Panatta, altro storico ex della Bertè.

“Sono stata sposata due volte. Basta! L’amore invade e finisce. E’ sopravvalutato – confessa la cantante a Silvia Toffanin – Non sono stata una moglie felice. L’ultimo, Borg, l’ho lasciato prendendolo a mazzate con la mazza da baseball in un albergo. Eravamo a letto e ha ‘ordinato’ al telefono due prostitute. Io pensavo stesse ordinando dei sandwich. Le voleva ‘very bitch’. Sono arrivate due vestite tutte di pelle con le fruste. Io l’ho ammazzato di botte e gli ho detto addio. Sono andata via. Poi mi è venuto a casa mia, a Milano, ma io non l’ho nemmeno fatto entrare. Gli ho preso le chiavi e gli ho detto ‘vaffanc***’. Dopo ho capito che mi tradiva continuamente. I primi tempi no, ma poi sì. Non l’ho più visto. Sono anni che non lo vedo e che non lo sento. Non mi interessa. Ero molto legata a suo figlio Robin che ho tirato su da quando aveva un anno e mezzo sino agli 8 anni. Gli ho voluto un bene pazzesco, era un bambino stupendo, dolce, con due occhioni blu. Spero che abbia una vita felice perché lui se la merita”.

La cantante e il tennista si sposarono nel 1989. Ma la loro unione, come racconta lei stessa nell’autobiografia “Traslocando – E’ andata così”, fu rovinata dalla passione dello sportivo per la droga e per le donne. Una spirale autodistruttiva nella quale Borg trascinò anche la Bertè.

“A Milano Björn scendeva in mezzo alla strada e chiedeva la bamba a chiunque. Voleva farsi – rivelò nel libro – Della reputazione e delle conseguenze non gli importava più nulla (…) Era l’uomo che nel 1989 aveva tentato il suicidio ed era stato salvato per il rotto della cuffia da una lavanda gastrica. In Svezia lo avevano dato per morto e forse era la bugia più vera che si potesse dire. Borg era sempre più depresso. Sempre più assente. Sempre più lontano. Avevamo messo in piedi una storia che in piedi non stava più. «Che faccio qui? La tua badante?» Ero gelosa della cocaina. Lui insisteva: «Sballiamoci insieme». Per capire cosa provasse e sentirmi più vicina a lui, accettai. Fui debole, perché non servì: me la preferiva costantemente. Tentai di assumerla ai suoi ritmi, ma provai disgusto. Facevamo giochi strani. Estremi. Sfide tra due pazzi. Sfide del ca***. Una volta mi mise la pistola in bocca per giocare alla roulette russa e un’altra, nel 1991, per provocarlo e fargli vedere che di buttare tutto per aria ero capace anch’io, ingoiai cento barbiturici. Mimì mi venne a trovare. Mi vergognavo di farmi vedere da lei in quelle condizioni. Mi investì come un treno: «Scema, deficiente, che ca**o ci fai qui?». Aveva ragione. Con Borg non c’entravo più niente. Non avevamo più nulla da dirci, niente da scoprire, era finita”.

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