Lino Banfi è in vena di confidenze. Il nonno d’Italia, come viene considerato per via del popolarissimo e amatissimo personaggio di ‘nonno Libero’ di “Un medico in famiglia”, si confessa in un’intervista al programma radiofonico “I Lunatici” in onda su Rai Radio 2. Per anni i suoi film sono stati oggetto di pregiudizio da parte di giornalisti e critici. Alcuni, si scopre, li stroncavano ma poi andavano a vederli in gran segreto.
“Adesso siamo al punto che ci sono alcuni giornalisti pentiti di non aver parlato bene di alcuni film miei, uno mi disse che andava a vedere i miei film di nascosto perché lavorava per Repubblica e se avesse detto che guardava i miei film gli avrebbero sputato in faccia, non per me ma per il genere che non era un genere di intelligentia giornalistica come altri – confida – Una volta un giornalista e critico di Napoli mi chiamò da Mosca per dirmi che nella Piazza Rossa facevano tutti film italiani e c’erano film di grandi autori, ma tutti stavano a guardare L’allenatore nel pallone. Allora io gli dissi di scriverlo e dall’altra parte il silenzio. Adesso lui è uno di quelli pentiti. Quindi ho aspettato il destino, ho aspettato che le cose andassero da sole e sono andate bene”.
Banfi si è preso le sue soddisfazioni. Tra queste ce n’è una che lo inorgoglisce più di altre. “Ho saputo che usano molti miei film come terapia – spiega – in alcune cliniche di malati di Alzheimer o Parkinson guardano Vieni avanti cretino e altri film miei, tipo Spaghetti a mezzanotte. Questi film stimolano molto i muscoli facciali che non muovono mai e quindi è come una buona medicina, questo mi fa molto piacere”.
Una battuta anche su Checco Zalone. Più che il suo erede lo considera il suo maestro.“Quando si fanno queste cifre non si è eredi ma docenti – sentenzia Banfi – Però fu carino quando si inginocchiò per chiedermi la piccola parte nel suo film. Lui mi vuole molto bene, è affezionato a me e mi auguro di cuore che questa sua impresa vada bene”.