Tonina Pantani: "Mio figlio Marco faceva uso di cocaina ma non era dopato. Me l'hanno ucciso" - Perizona Magazine

Tonina Pantani: “Mio figlio Marco faceva uso di cocaina ma non era dopato. Me l’hanno ucciso”

Daniela Vitello

Tonina Pantani: “Mio figlio Marco faceva uso di cocaina ma non era dopato. Me l’hanno ucciso”

| 04/11/2019

A 15 anni dalla scomparsa di Marco Pantani, mamma Tonina continua a combattere per rendere giustizia al figlio. Sono tanti […]

A 15 anni dalla scomparsa di Marco Pantani, mamma Tonina continua a combattere per rendere giustizia al figlio. Sono tanti i misteri che avvolgono la morte del “pirata” trovato cadavere in un albergo il 14 febbraio 2004. L’ex campione di ciclismo, il cui nome è stato macchiato dall’accusa di doping, è morto per arresto cardiaco dovuto ad eccesso di sostanze stupefacenti. Secondo mamma Tonina, ospite ieri pomeriggio di “Domenica In”, Pantani non si sarebbe mai ucciso.

“Io l’ammiro moltissimo – dice Mara Venier accogliendola in studio – Lei è una grande madre, una grande donna. Sono anni che seguo tutte le sue battaglie per avere verità. Marco era un grande campione e un grande uomo”.

“Io ho tanti dubbi. Appena saputo della morte di Marco, ho subito detto ‘me l’hanno ucciso’ – spiega mamma Tonina – Sono ancora convinta di questo. Anzi, ancora di più. Marco amava troppo la vita, ha cantato sino agli ultimi giorni. Quello che mi ha dato più fastidio di tutta questa faccenda è che, dopo il ’99, ne hanno dette di tutti i colori. L’unico modo per distruggere Marco era ferirlo nel suo orgoglio. Mio figlio non ha mai accettato quella squalifica, l’hanno fatto passare per dopato. Inizialmente pensava che fosse un altro Marco ad essere stato squalificato, il suo compagno Marco Velo. Si arrabbiò molto, si alzò dal letto, diede un pugno sul vetro e si tagliò la mano. Andando a casa, si fermò all’ospedale di Imola e fece un secondo esame in cui l’ematocrito era come quello della sera, cioè perfettamente nella norma”.

“Lo hanno ucciso con tutte queste chiacchiere – dichiara Tonina Pantani – Era sempre in tv e sui giornali come il ‘dopato d’Italia’. La cocaina è arrivata dopo. Lo hanno ucciso i giornalisti e il ciclismo in generale. Dopo la morte di Marco, non si è fatto sentire nessuno. Neanche la Federazione di cui sono ‘figli’ i ciclisti. Lo hanno lasciato solo e ci hanno lasciati soli. Sono andata al funerale di Gimondi, c’era la Federazione e non sono venuti neanche a salutarmi. E’ questo che mi dà fastidio. Purtroppo mio figlio non me lo dà più indietro nessuno, ma non voglio che nessun altro ragazzo debba passare quello che ha passato lui. E’ una vergogna, è uno scandalo italiano. Hanno distrutto un ragazzo. In tanti anni di ciclismo non ha mai avuto una sospensione o un richiamo. E’ sempre stato un bravo ragazzo perché amava veramente il ciclismo. Dal 1999 al 2004 abbiamo passato una vita d’inferno. Ho visto Marco piangere perché per strada gli davano del dopato. L’avevano ferito nel suo orgoglio, gli avevano dato un’etichetta che pensava che nessuno gli avrebbe più tolto”.

Da quel momento, il “pirata” entra in tunnel di autodistruzione e comincia a fare uso di cocaina. Tonina Pantani capisce che il figlio è caduto nella spirale della droga e per lei inizia un nuovo dramma. “Mi sembrava di impazzire – svela – Marco era uno contro la droga. Ho parlato con lui, ho parlato con tutti. Ho fatto anche una lotta contro gli spacciatori, li minacciavo mettendo in pericolo la mia vita. Marco ha cominciato a usare la cocaina dopo il Giro d’Italia, dopo il ’99. Poi avevo smesso ed era ritornato il Marco di sempre. Non mi vengano a dire che era un debole. Era forte”.

Infine, mamma Tonina ricorda l’ultima volta che ha visto il figlio: “Era il 31 gennaio. Lui va a Milano per qualche giorno, la sua manager mi chiama e mi dice che ha assunto cocaina e di andare a Milano. Andiamo io e mio marito e lo vediamo litigare con il marito della manager. Mio marito dice ‘dai Marco, andiamo a casa’. Poi sono svenuta per lo stress, hanno chiamato l’ambulanza e Marco non ho più visto. L’ho rivisto morto. Per 14 giorni non ho saputo nulla di lui, era senza telefono. Ad avvisarci della sua morte è stata la sua manager”.

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