Il sosia di Big Luciano: "Da quando Pavarotti è morto, in tv non mi chiamano più" - Perizona Magazine

Il sosia di Big Luciano: “Da quando Pavarotti è morto, in tv non mi chiamano più”

Daniela Vitello

Il sosia di Big Luciano: “Da quando Pavarotti è morto, in tv non mi chiamano più”

| 07/07/2019

Da 40 anni Gigi Nardini, classe 1951, friulano, è il sosia ufficiale di Luciano Pavarotti. Essere il doppione del tenore […]

Da 40 anni Gigi Nardini, classe 1951, friulano, è il sosia ufficiale di Luciano Pavarotti. Essere il doppione del tenore modenese gli è valso anche un Oscar, quello del miglior sosia d’Italia.

In un’intervista a “Tv Blog”, Nardini racconta come è cominciato il suo mestiere di sosia: “Per divertimento, una volta per scherzo misi un foulard al collo. Non serviva molto trucco come invece accade ad altri, avevo dei lineamenti simili. Imitare Pavarotti è una sorta di terapia naturale, fa bene alla salute. Facendo del bene agli altri faccio bene a me stesso, ho superato momenti difficili che nella vita capitano a tutti. Il sacrificio è tanto, però viene tutto ripagato. Sono dell’idea che i problemi della vita li risolvi meglio se coltivi qualcosa che hai nel cuore. Il guadagno è poco, ma quando una cosa ti fa bene allo spirito va bene così, la soddisfazione è tanta. Se abitassi a Milano, Roma o Napoli godrei di molti più contatti, ma non mi lamento. In Friuli sono tranquillo”.

Uno dei momenti più alti della sua carriera coincise con la scelta di Big Luciano quale conduttore del “Festival di Sanremo” in coppia con Fabio Fazio. Correva l’anno 2000. “Antonio Ricci – ricorda – mi volle a Striscia la notizia per mettere in piedi delle parodie nel parco dell’hotel dove alloggiava il maestro. Fu l’inizio della mia presenza a Sanremo, ci torno ogni anno. Diciamo che quell’esperienza rappresentò il fiore all’occhiello”.

Proprio a Festival, nel 2000, ebbe modo di incontrare Pavarotti. “Ci beccammo di sfuggita, poi però feci la sua controfigura nel videoclip di ‘Ti adoro’ – svela – Era di una semplicità meravigliosa, mi chiamava Pavarottino. Gli organizzatori del Pavarotti & Friends spesso mi invitavano al concerto e la gente mi scambiava per lui. Ancora oggi provo a ricordare in maniera corretta e rispettosa una persona che ha portato la musica italiana in tutto il mondo. Mi fermano africani, cinesi, giapponesi. Sono pieno di inviti. Se mi pesa? Qualche volta sì, soprattutto quando sono stanco. Capita di tenere la barba corta per cercare di restare anonimo, ma la gente si avvicina ugualmente. Alla fine mi fa piacere, regalare un sorriso mi fa sentire vivo”.

Negli ultimi anni, si scopre, in tv lo invitano sempre meno. “Durante il Festival sono sempre fuori dall’Ariston, ogni tanto rilascio interviste, ma non mi chiamano quasi più nelle trasmissioni – confida – Meriterei di più, in fondo per quarant’anni mi sono sempre comportato bene. Dopo la morte del maestro non sono stato più chiamato, penso per una forma di rispetto. Non amano scherzare o fare parodie. Potrebbero coinvolgermi anche per qualcosa di serio. Dalla sua scomparsa sono passati dodici anni, gli americani in questo senso sono più leggeri, l’Italia è indietro. Noi sosia regaliamo minuti di felicità gratuita, non sono un monello, posso scherzare e al contempo essere serio. Se serve sono a disposizione”.

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