Dai matrimoni al San Paolo, D'Alessio: "Cantavo ovunque, non chiedevo il certificato penale" - Perizona Magazine

Dai matrimoni al San Paolo, D’Alessio: “Cantavo ovunque, non chiedevo il certificato penale”

Daniela Vitello

Dai matrimoni al San Paolo, D’Alessio: “Cantavo ovunque, non chiedevo il certificato penale”

| 23/02/2019

Ospite di Peter Gomez a “La Confessione” in onda ieri sera sul canale NOVE, Gigi D’Alessio ripercorre la sua vita […]

Ospite di Peter Gomez a “La Confessione” in onda ieri sera sul canale NOVE, Gigi D’Alessio ripercorre la sua vita e la sua carriera. A 12 anni entra in Conservatorio, a 21 si diploma in pianoforte e diventa pianista per Mario Merola. Nel ’92 esce il suo primo album, ad oggi ne ha pubblicati 18 e ha venduto più di 20 milioni di dischi. Ha ottenuto 100 dischi di platino e 3 di diamante.

Quella di Gigi D’Alessio al direttore de “Il Fatto Quotidiano” è una confessione fiume che non tralascia proprio nulla: dalla crisi (superata) con Anna Tatangelo al rapporto con il denaro e con la ricchezza, dalle chiacchieratissime esibizioni ai matrimoni al progetto finito con 8 milioni di debiti con l’imprenditore palermitano Giovanni Cottone insieme al quale si era ripromesso di rimettere in commercio la Lambretta.

MARIO MEROLA
“A Napoli duettare con lui era come duettare con Frank Sinatra. Credo che Merola sia il napoletano più conosciuto al mondo. Ho girato con lui, sono stato il suo pianista. Poi scrissi una canzone e gli proposi di cantarla in duetto. Lui mi guardò e disse ‘Ma perché tu sai pure cantare?’. Risposi ‘Ci provo’. Prima di questo io avevo scritto canzoni per tutti i cantanti neomelodici. Nei film Mario Merola era il ‘mammasantissima’ quando invece nella vita era buono come il pane. Aveva un grande difetto che era il vizio del gioco. Giocava tanto e perdeva. Oggi Merola sta nella mia cappella di famiglia e questo per me è un onore. La sua musica? Se parliamo di testi e armonie, erano canzoni meravigliose. Era un grandissimo interprete e quando è morto si è portato tutto il suo repertorio. Secondo me la musica è sempre di qualità, per me ogni canzone è un’opera d’arte”.

IL CONCERTO ALLO STADIO SAN PAOLO
“Nel ’97 la consacrazione, radunai 28mila persone allo stadio San Paolo. A Napoli ero famoso come era famoso Celentano in Italia. Da quel momento il mio nome è arrivato nelle case discografiche importanti. La vendita dei biglietti per quel concerto fu fatta porta a porta, all’epoca non c’era TicketOne. Al telefono per le informazioni rispondevo io, i biglietti li vendeva mia sorella. I manifesti sono andato ad incollarli io per strada con il cappuccio in testa. Nessuno ci credeva. Dicevano ‘Sei pazzo….tu dai matrimoni vuoi fare lo stadio San Paolo?’. Napoli è un’altra nazione, anche se la canzone italiana conosciuta nel mondo è la canzone napoletana. E’ un circuito a parte. A volte si parla dei cantanti napoletani come di una razza a parte e questo è brutto. E’ un pregiudizio nazionale. Il neomelodico è un cantante di serie C. Nelle canzoni cambia solo la lingua, poi a Napoli è normale che ti ritrovi a fare i matrimoni e che vai a cantare dappertutto”.

IL PRIMO FESTIVAL DI SANREMO
“Per arrivare a Sanremo nel 2000 ho fatto un viaggio lunghissimo. Con i numeri che avevo sono entrato direttamente nei Big. Quindi dalla sera alla mattina mi sono ritrovato a gareggiare con Gianni Morandi, Giorgia e altri artisti affermatissimi. Ero guardato con un occhio particolare, nei miei confronti c’era una sorta di razzismo. Fui massacrato dai giornali. Finito Sanremo il mio disco è rimasto primo in classifica per 52 settimane, ho venduto quasi 2 milioni di copie. Il pubblico aveva detto di sì e da lì mi si sono aperte le porte del mondo. Non mi sono mai montato la testa perché quando si viene dal basso e ogni mattoncino l’hai costruito con tanti sacrifici, difficilmente accade. La testa te la monti quando hai successo dalla sera alla mattina, quando non ti sei sudato nulla e credi che quella sia la normalità. Ho guadagnato un sacco di soldi. Secondo me Dio mi ha mandato per fare una missione perché non me li sono tenuti tutti per me, li ho distribuiti. Non sono uno legato ai soldi. Certo…a chi non piacciono le cose belle? La bella macchina, la bella casa…Però chi mi conosce sa che non amo vedere le persone soffrire”.

ANNA TATANGELO
“E’ una donna eccezionale, una mamma fantastica, la compagna ideale. Prima di conoscerla, tengo a precisare, la situazione a casa già non andava bene (con la prima moglie, ndr.). Poi è arrivata Anna, lei aveva 18 anni ed è stata coraggiosa. Lei non ha preso solo un uomo, ha preso un ‘pacco’, un uomo con tre figli. Come va adesso? Penso che tutte le coppie possano avere un momento di crisi, siamo stati 2-3 mesi lontani per capire. Lei era uscita dalla casa del padre per trasferirsi a casa mia. Le mancava un pezzo di vita. Fondamentalmente non ci siamo mai lasciati, mi telefonava ogni giorno”.

PINO DANIELE
“Io e lui rivali? Io non mi sono mai sentito rivale suo e lui non si è mai sentito rivale mio. Per tanti anni ci siamo punzecchiati. Come tutti gli uomini, anche lui aveva qualche difettuccio. Forse non analizzava bene le persone prima di dare un giudizio. Poi quando mi ha conosciuto, sia umanamente che musicalmente, si è innamorato di me. Ha avuto un pregiudizio”.

I MATRIMONI
“Cosa intendo quando dico ‘Alla camorra ho regalato un sacco di canzoni’? Che sono andato a cantare ai matrimoni. Ho cantato ai matrimoni di tutti e a volte nemmeno sapevo dove andavo a cantare. A Napoli vai a cantare dappertutto. Non è che se ti chiama qualcuno gli chiedi ‘Chi sei? Mandami il certificato penale’. Poi io sono uno che ha paura, magari non vai a cantare e che ne sai? Si possono offendere. I matrimoni li ho fatti dal ’92 al ’96. Dopo lo stadio San Paolo ho cominciato a fare solo i concerti. Io sono andato a cantare, mi hanno pagato e non ho regalato nulla…Non penso che a Napoli bisogna convivere con la camorra, a Napoli bisogna convivere con tutto, è una città a parte. Se vai in ospedale a fare le analisi devi dire sempre ‘io sono il cugino di quello, il parente di quell’altro’ per passare la fila. Quante foto ho fatto con camorristi e mafiosi? Non lo so proprio. Può anche darsi che ne abbia fatto 10, 100, 1000 o soltanto una….non lo so. Io non sapevo dove andavo a cantare, avevo un impresario che curava i rapporti. Può essere pure che anche adesso ho fatto qualche foto con qualcuno che mi ha fermato per strada e che dici no? Mai avuto amici camorristi”.

L’AVVISO DI GARANZIA PER CONCORSO ESTERNO IN ASSOCIAZIONE MAFIOSA
“Sono stato prosciolto. Ero andato a cantare e c’erano delle foto. Quando sono stato dal magistrato loro avevano le loro foto, io ho portato le mie. Ho detto: ‘Questo è Clinton, questo è il Papa’. Purtroppo chi nasce a Napoli va a fare i matrimoni, è un circuito che non esiste in nessun altro posto. Stiamo parlando di 20 anni fa”.

GIOVANNI COTTONE
“All’inizio io ho fatto il testimonial per la Lambretta. Poi lui è diventato padrino di mio figlio insieme all’ex moglie Valeria Marini. Ho creduto in quel progetto perché c’era la possibilità di dare 3000 posti di lavoro al Sud. Era un sogno per me, ho investito tanti soldi. Adesso siamo in causa. Credo di essere stato preso in giro. Sono una persona che crede molto nei sentimenti. Se do la mia parola d’onore, mantengo l’impegno fino alla fine. Non so se è un pregio o un difetto. Posso dire che chi mi ha tradito è stato sempre quello che si è seduto accanto a me”.

IL RAPPORTO CON IL DENARO
“Sono pure quello che se guadagna 100 euro se li vuole spendere, non tutti magari, anche 50. Io non amo i finti. Se io ho la possibilità di comprarmi una bella macchina o un bel vestito, perché devo mostrare di essere povero? Io non ho paura di mostrare quello che ho, i soldi me li sono guadagnati. Non è che se mi compro una bella macchina, vuol dire che l’ho rubata a qualcuno. Ho quasi 52 anni e lavoro da quando ne avevo 10. Ho cominciato a suonare ai matrimoni a quell’età. Ho quattro figli, il primo ha 32 anni e in 32 anni l’ho visto 6-7 anni. Ho perso tante cose per strada, mi sono sacrificato per fare stare bene la mia famiglia e aiutare le persone meno fortunate di me”.

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