Il marito di Alessandra Appiano: “In 50 giorni è cambiato tutto fino alla fuga e al raptus” - Perizona Magazine

Il marito di Alessandra Appiano: “In 50 giorni è cambiato tutto fino alla fuga e al raptus”

Daniela Vitello

Il marito di Alessandra Appiano: “In 50 giorni è cambiato tutto fino alla fuga e al raptus”

| 14/06/2018

“In cinquanta giorni è cambiato tutto, tutto si è rivelato inutile; un calvario da uno specialista all’altro, fino alla decisione […]

“In cinquanta giorni è cambiato tutto, tutto si è rivelato inutile; un calvario da uno specialista all’altro, fino alla decisione del ricovero proprio per scongiurare qualsiasi gesto estremo. Ma la mattina del 3 giugno da quel luogo che doveva curarla e proteggerla è potuta fuggire, vagare indisturbata per i deserti vialoni della periferia fino a raggiungere uno dei tanti anonimi grattacieli milanesi, sede di un hotel; dalla terrazza dell’ottavo piano ha guardato per l’ultima volta quella città che amava tanto, dove era arrivata dalla provincia nella speranza di un posto nel mondo che si era conquistato con la sua intelligenza, il suo talento, il suo perfezionismo, il suo culto per il lavoro”.

Nanni Delbecchi, marito di Alessandra Appiano (la scrittrice ed opinionista tv morta suicida il 3 giugno scorso, ndr.), prende carta e penna e scrive a “Il Fatto Quotidiano”. L’uomo vuole ricordare l’amata moglie, ristabilire la verità sulla sua scomparsa e difendersi dalle “idiozie e cattiverie” circolate via social nei giorni scorsi.

“25 anni di convivenza, 15 di matrimonio civile, è soggiaciuta al raptus di un disturbo manifestatosi in modo oscuro e quasi metafisico, un maleficio che non le ha lasciato scampo nonostante i diversi tentativi di cura. (…) – spiega Delbecchi – La verità è che Alessandra era una sorgente infaticabile di luce e di energia non solo per me, ma anche per i nostri tanti amici. È stata la donna più attenta alla propria salute che abbia mai conosciuto – fin troppo, faticavo a farle bere un bicchiere – dedita alla propria cura e al proprio aspetto. Aveva le sue tristezze e le sue malinconie, accentuate da una natura cui si alternavano spleen ed euforia. Era un’artista vera, duplice anche nel suo lavoro, capace di tormentarsi per tre mesi sul «non ho più niente da dire» e poi di buttar giù di getto un romanzo nei tre mesi successivi. Sentiva come pochi l’ineluttabile trascorrere del tempo e aveva i suoi momenti di crisi; ma quale persona intelligente e sensibile non ne ha?”.

“Fra i lettori di queste righe ce ne saranno alcuni che conobbero Alessandra, ed è verosimile che sviluppino riflessioni ulteriori, più o meno analoghe – conclude – Ma quelli che non la conobbero, o l’hanno vista solo in qualche apparizione mediatica, vorrei che avessero di Alessandra l’immagine più semplice che io ne porto nel cuore. Era una donna buona”.

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