Filippo La Mantia curerà la cena di gala al termine della Prima della Scala. Un oste e cuoco palermitano (non […]
Filippo La Mantia curerà la cena di gala al termine della Prima della Scala. Un oste e cuoco palermitano (non chiamatelo chef, come da sua espressa richiesta) firmerà dunque l’evento simbolo di Milano. Una scelta rivoluzionaria come rivoluzionaria è l’opera, l’Andrea Chénier di Umberto Giordano, che andrà in scena il prossimo 7 dicembre.
Cinquecento i commensali radunati al termine dell’opera nei saloni della Società del Giardino in via San Paolo, a pochi passi dalla Scala. “Sono abituato alle cene per molte persone. E a questa lavoriamo da due mesi — racconta La Mantia al “Corriere della Sera” — Quando mi hanno fatto la proposta, per me, palermitano, è stata una grande sorpresa. Sono felicissimo: questo è un altro segno di apertura di Milano, la città che mi ha adottato: il mio ristorante (aperto nel 2015, ndr.) oggi del resto è frequentato soprattutto da milanesi”.
Il menu sarà franco-siciliano. A La Mantia è stato infatti chiesto di ispirarsi alla ricette dei monsù, i cuochi delle famiglie nobili francesi emigrati nel Sud Italia dopo il 1789. “In quel periodo – spiega – è nata in Sicilia una cucina che mixava sapori nostrani a quelli d’oltralpe. E così, dopo aver letto il libretto dell’opera, ho pensato di proporre come primo un riso con brodo di cappone e di caso fresco, marroni tostati e foglia di pane al sapore di finocchietto. Il riso, in fondo, non è solo milanese: fu importato dagli Arabi in Sicilia, è così del resto che nacquero le arancine”.
Per quanto riguarda il secondo, la scelta è caduta su un falso magro di gallina: “Un paradosso siciliano: dentro c’è di tutto, ogni ben di Dio che le donne trovavano al mercato. Io preparo la farcitura con uvetta, pinoli, uova, mollica di pane, mentuccia, capperi tritati e un infuso di lavanda”. A seguire ratatouille, “che ricorda la mia caponata invernale”, e mini panettone a forma di albero di Natale.
L’ultima prova menu è stata particolarmente ardua. “Si sono presentati in otto, schierati come fossero marines – svela La Mantia – Erano alla ricerca del pelo nell’uovo, di qualunque errore. Ma alla fine chi doveva decidere mi ha detto: è uno dei più bei menu che abbia mai assaggiato. È stata una soddisfazione enorme”.
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